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Anit
• 26.02.2016
Questo articolo ha più di 3 anni
DM 26/06/15 requisiti minimi: ANIT chiarisce i metodi per la verifica del rischio di condensazione
Per le verifiche igrotermiche, in base al dm 26/06/15, è possibile far riferimento alla UNI EN ISO ISO 13788, ma anche alla UNI 15026 per metodi dinamici.
ANIT ha prodotto un documento di chiarimento riguardante la verifica del rischio di condensazione, prescrizione riportata all’interno del DM 26/06/15 sulle prestazioni energetiche e i requisiti minimi degli edifici.
Il DM 26/06/15, all’allegato 1, articolo 2.3, comma 2, approfondisce, infatti, ciò che riguarda le verifiche igrotermiche:
“Nel caso di intervento che riguardi le strutture opache delimitanti il volume climatizzato verso l’esterno, si procede in conformità alla nuova normativa tecnica vigente (UNI EN ISO 13788), alla verifica dell’assenza:
Secondo ANIT queste prescrizioni risultano più restrittive rispetto a quelle previste in precedenza dal DPR 59/09, che aveva previsto la verifica del rischio di condensazioni superficiali e prevedeva la possibilità di presenza di eventuale condensazione interstiziale, a patto che in quantità limitata e rievaporabile entro un anno. ANIT riporta, inoltre, che queste prescrizioni sono contenute anche nella norma tecnica di riferimento UNI EN ISO 13788.
Prescrizioni comunque molto restrittive, in quanto la UNI EN ISO 13788 citata dal decreto fa riferimento a un metodo di calcolo semplificato in regime stazionario, che tenderebbe a sovrastimare il rischio di formazione di condensa interstiziale causata dalla sola diffusione, ma non terrebbe in considerazione la concomitanza di altri fattori, come il movimento di umidità e la capacità igroscopica del materiale, da cui la struttura può essere interessata.
Tra l’altro, nell’introduzione alla UNI EN ISO 13788, si specifica che “se si possono trascurare pioggia e convenzione, i metodi di calcolo utilizzati forniscono in genere risultati cautelativi e quindi, se una struttura non risulta idonea secondo questi in base a un criterio di progettazione specificato, possono essere utilizzati metodi più accurati che ne dimostrino l’idoneità”.
I metodi sopra citati sono riportati nella norma UNI EN 15026, che tratta del comportamento di una struttura considerando la migrazione dell’umidità in regime variabile secondo due diversi meccanismi di trasporto: la migrazione per diffusione e la migrazione per capillarità.
In conclusione, ANIT afferma che per le verifiche di legge, anche secondo quanto stabilito dal DM 26/06/15, è possibile anche fare riferimento alla UNI EN 15026.
Il documento completo redatto da ANIT è disponibile, gratuitamente, in allegato a questo focus.
Il DM 26/06/15, all’allegato 1, articolo 2.3, comma 2, approfondisce, infatti, ciò che riguarda le verifiche igrotermiche:
“Nel caso di intervento che riguardi le strutture opache delimitanti il volume climatizzato verso l’esterno, si procede in conformità alla nuova normativa tecnica vigente (UNI EN ISO 13788), alla verifica dell’assenza:
- Di rischio di formazione di muffe, con particolare attenzione ai ponti termici negli edifici di nuova costruzione;
- Di condensazioni interstiziali”.
Secondo ANIT queste prescrizioni risultano più restrittive rispetto a quelle previste in precedenza dal DPR 59/09, che aveva previsto la verifica del rischio di condensazioni superficiali e prevedeva la possibilità di presenza di eventuale condensazione interstiziale, a patto che in quantità limitata e rievaporabile entro un anno. ANIT riporta, inoltre, che queste prescrizioni sono contenute anche nella norma tecnica di riferimento UNI EN ISO 13788.
Prescrizioni comunque molto restrittive, in quanto la UNI EN ISO 13788 citata dal decreto fa riferimento a un metodo di calcolo semplificato in regime stazionario, che tenderebbe a sovrastimare il rischio di formazione di condensa interstiziale causata dalla sola diffusione, ma non terrebbe in considerazione la concomitanza di altri fattori, come il movimento di umidità e la capacità igroscopica del materiale, da cui la struttura può essere interessata.
Tra l’altro, nell’introduzione alla UNI EN ISO 13788, si specifica che “se si possono trascurare pioggia e convenzione, i metodi di calcolo utilizzati forniscono in genere risultati cautelativi e quindi, se una struttura non risulta idonea secondo questi in base a un criterio di progettazione specificato, possono essere utilizzati metodi più accurati che ne dimostrino l’idoneità”.
I metodi sopra citati sono riportati nella norma UNI EN 15026, che tratta del comportamento di una struttura considerando la migrazione dell’umidità in regime variabile secondo due diversi meccanismi di trasporto: la migrazione per diffusione e la migrazione per capillarità.
In conclusione, ANIT afferma che per le verifiche di legge, anche secondo quanto stabilito dal DM 26/06/15, è possibile anche fare riferimento alla UNI EN 15026.
Il documento completo redatto da ANIT è disponibile, gratuitamente, in allegato a questo focus.