Speciale 78
NZEB: progettazione integrata, materiali e tecnologie per gli edifici a energia quasi zero
Articolo di Arch. Fabrizio Manzoni

Edifici a energia quasi zero: verso la normativa italiana

Come sempre, anche nel caso degli edifici a energia quasi zero, la buona tecnica deriva da disposizioni legislative che spesso sono emanate a seguito di precisi accordi politici ed economici tra i paesi (nel nostro caso tra paesi UE), pensiamo ad esempio alla certificazione energetica degli edifici e al concetto stesso di classi energetiche, ma anche più in generale al risparmio energetico in edilizia, le normative per la riqualificazione e il risparmio di energia, fino agli incentivi e poi gli obblighi per le rinnovabili.

Prima di osservare come ci si approccia alla progettazione integrata di un edificio NZEB (Near Zero Energy Building), è bene quindi passare velocemente in rassegna il panorama legislativo entro cui si muovono queste esperienze di progettazione a bassissimo consumo energetico.


La Direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia (Direttiva 2010/31/UE)

A seguito della firma del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), è stata emanata la Direttiva europea 2010/31/UE, da cui sono derivate tutte le normative successive riguardanti l'efficienza energetica.

In essa, all'art. 2, si definiscono gli Edifici a Energia Quasi Zero (Near Zero Energy Building) come “Edifici ad altissima prestazione energetica. Il fabbisogno energetico molto basso dovrà essere coperto in maniera significativa da energia da fonti rinnovabili compresa quella prodotta in loco o nelle vicinanze”.

La normativa pone dei limiti temporali per l'adeguamento delle legislazioni nazionali, fissando al 31 dicembre 2020 il termine ultimo affinché tutti gli edifici di nuova costruzione siano ad energia quasi zero, anticipandolo al 2018 per gli enti pubblici.

Il criterio di definizione di NZEB è poi specificato nell'allegato I. Esso richiama l'elaborazione di un Attestato di Prestazione Energetica (da qui il cambio della precedente denominazione di ACE in APE) in cui, attraverso la determinazione di un indice numerico, sia possibile identificare immediatamente il consumo di energia primaria, espressione delle necessità legate al riscaldamento, al raffrescamento e alla produzione di ACS.

Nel calcolo si deve tener conto delle caratteristiche termiche dell'edificio e dei suoi impianti, nonché delle opportunità offerte da:

  1. Condizioni locali di esposizione al sole, sistemi solari attivi e altri impianti di generazione di calore ed elettricità a partire da fonti rinnovabili;
  2. Sistemi di cogenerazione dell’elettricità;
  3. Impianti di teleriscaldamento e telerinfrescamento urbano o collettivo;
  4. Illuminazione naturale.

La Direttiva pone poi dei limiti di applicazione agli stabili vincolati, a quelli piccoli isolati e a quelli ad uso saltuario, ma lascia alle legislazioni nazionali la sua applicazione nel campo dei passaggi di proprietà giudiziari, insistendo però sul ruolo essenziale e trainante dell'ente pubblico come proprietario immobiliare virtuoso che sia di esempio all'applicazione della buona tecnica.

L'obiettivo finale e più volte riportato è quello di rendere edotto il proprietario immobiliare del consumo energetico della sua proprietà, del suo impatto sull'ambiente globale e sulle possibili migliorie applicabili.

Un altro aspetto sottolineato è quello dell'indipendenza dei tecnici competenti certificatori che, nella normativa italiana, ed in particolare in quella lombarda, è particolarmente importante dal momento che il tecnico certificatore non può essere “proprietario, parente o dipendente del proprietario”. Fa eccezione la proprietà pubblica in quanto la normativa italiana dei tecnici dipendenti pubblici assicura l’indipendenza degli stessi proprio in quanto pubblici funzionari.

La Direttiva è stata poi aggiornata dalla 2012/27/UE in cui si anticipano i risultati da conseguire specificamente per quanto riguarda gli edifici pubblici, che mantengono quindi il ruolo di guida e di esempio virtuoso, e che impone norme sull’economicità delle reti di trasporto dell’energia e di verifica e trasparenza dei costi a favore dell’utente finale.


Il recepimento nella normativa italiana con le più recenti integrazioni


La normativa italiana ha recepito quasi da subito gli impegni del Protocollo di Kyoto con il DLGS 192/2005, poi aggiornato ed integrato nel DL 311/2006. Tuttavia in Italia sono le Regioni deputate a legiferare in materia (clausola di salvaguardia), anche perché alcune di queste si sono date dei valori di efficienza energetica più stringenti rispetto alla normativa nazionale. Sul tema ogni Regione ha il compito di recepire le direttive europee con proprie determinazioni. Nel caso che una Regione non sia interessata a farlo, essa applica la normativa nazionale.

L’ultima normativa in materia è il Decreto legislativo 4 luglio 2014 n. 102 di Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE, e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (G.U. 18 luglio 2014, n. 165).

In questo decreto si recepisce e stabilisce la riduzione dei consumi energetici di 20 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio di energia primaria entro il 2020. I metodi per il raggiungimento di tale obiettivo sono sempre l’efficientamento energetico degli edifici esistenti, anche con il mantenimento degli sgravi fiscali, e l’efficienza della rete di trasporto dell’energia, comprendendo però anche sistemi di monitoraggio e di misura, in modo da avere sempre sotto controllo l’andamento dei consumi e dei costi.


I sistemi tecnologici interessati e parte attiva nel conseguimento dell'obiettivo NZEB


NZEB Edifici a energia quasi zero - Sistemi tecnologici - domoticaNel campo dell’efficienza energetica “spinta” come nel caso degli edifici NZEB, pressoché tutti i componenti edilizi concorrono al conseguimento dell’obiettivo. Essi possono essere di seguito riepilogati.

Sistemi isolanti delle chiusure opache


  • Isolamenti termici nelle varie tipologie: dai materiali sintetici in lastra a quelli naturali in pannelli di lana di vetro, minerali o animali, tutti hanno il medesimo scopo di rallentare la dispersione del calore attraverso le chiusure opache, sia orizzontali che verticali. E’ un aspetto che si gioca spesso sulla quantità di materiale utilizzato più che sulla qualità. Si parla di spessori molto superiori a quelli richiesti normalmente, anche oltre i 20/30 cm in base alla tipologia. I coefficienti in gioco sono inferiori agli 0,2 kwh/mq °K Particolare attenzione verrà quindi prestata alla correzione dei ponti termici che si vengono a creare quando vi sono materiali diversi che entrano in contatto tra loro e quando le condizioni ambientali di umidità e temperatura variano di molto tra esterno ed interno;
  • Per quanto riguarda le porte di ingresso, esse giocano un ruolo importante in quanto elemento “debole” della parete opaca. Per poter superare con successo un blower door test, una porta di ingresso deve essere ben isolata e disporre di una serie di accorgimenti atti ad evitare il trafilamento di aria;
  • Le murature invece possono innalzare la performance di trasmittanza complessiva se si utilizzano materiali che già senza ulteriore isolamento raggiungono i valori di legge sulla trasmittanza termica. Esse hanno inoltre l’importantissimo compito di assicurare lo sfasamento dell’onda termica per limitare l’irraggiamento di calore all’interno degli ambienti durante la maggiore insolazione.

Chiusure trasparenti


  • Serramenti in alluminio, in pvc, in legno o in ferro con adeguati vetri. Qualunque tipologia di serramenti si scelga, essa deve essere in grado di assicurare un ottimo isolamento termico, comunque non superiore ad 1,8 kwh/mq °K.

Produttori di apparati tecnologici produttori di energia per riscaldamento/raffrescamento


  • Caldaie;
  • Pompe di calore;
  • Corpi scaldanti/mobiletti;
  • Recuperatori di calore;
  • Sistemi aeraulici per la ventilazione con recupero di calore;
  • Pannelli solari termici;
  • Pannelli solari elettrici;
  • Termoregolazione;
  • Sistemi domotici.

Qualunque combinazione può andar bene per un normale edificio che rispetta i parametri di legge, ma se si vuole arrivare ad un Edificio a Bassissimo Consumo occorre rivolgersi a sistemi in pompa di calore asserviti da un impianto fotovoltaico con un sistema di ventilazione meccanica controllata con un recupero di calore di almeno il 90%. Un sistema di pannelli solari termici può aiutare a produrre acqua calda a basso costo.

Software specifico


Per la progettazione e il calcolo delle prestazioni energetiche, anche rapportato alla localizzazione, esistono in commercio diversi software di vario costo e livello di qualità e approfondimento dei casi, dotati di grandi database di materiali da costruzione oppure completamente personalizzabili.

Anche in questo caso, qualunque buon software può andar bene ma l’essenziale è che sia possibile attivare le necessarie simulazioni in termini di ombreggiatura ed esposizione al sole in rapporto alla localizzazione geografica dell’edificio.

Nel caso di edifici NZEB la parte progettuale è forse la più dispendiosa in quanto progettista e committente devono procedere con simulazioni successive sino ad ottenere il miglior compromesso tra prestazioni energetiche, costo di costruzione e semplicità nella conduzione.

Si tenga però sempre presente il criterio di guida principale: gli edifici sono tutti diversi tra loro e variano in base alla combinazione di destinazione d’uso, località geografica e somme a disposizione per la realizzazione dell’opera.


Una nota sulle fonti rinnovabili individuate dalla norma UE


Questa nota introduce il successivo paragrafo sui criteri di progettazione integrata in quanto già nella fase preliminare del progetto le variabili sopra elencate vanno tenute nel debito conto in quanto possono orientare il progetto verso una scelta o l’altra e determinare quindi...




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