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17.03.2022

Energia nucleare: i reattori di IV generazione saranno sviluppati in Italia

Siglato l’accordo tra ENEA e newcleo: presso il Centro Ricerche del Brasimone (BO) verranno effettuate le ricerche per lo sviluppo di innovativi reattori nucleari per la produzione di energia pulita e sicura 

Il protrarsi del conflitto tra Ucraina e Russia e gli incerti sviluppi in ambito energetico stanno portando il dibattito internazionale a valutare risorse energetiche alternative al gas russo, che possano favorire una maggiore indipendenza energetica dell’Europa.

Dopo aver preso in considerazione le rinnovabili e il carbone, si è tornati a parlare anche di energia nucleare. E a tal proposito, l’ENEA ha appena annunciato di aver stabilito un accordo per lo sviluppo di sistemi nucleari piccoli e innovativi per la produzione di energia sicura, pulita ed inesauribile che avverrà fuori dall’Italia, con la società londinese newcleo. Istituita nel 2021, è composta da un team giovane ed esperto che, grazie alle sue grandi competenze nel campo dell’energia nucleare e alla combinazione di tecnologie esistenti e accessibili, sta realizzando la prossima generazione di sistemi nucleari.

Per questo progetto di ricerca internazionale e innovativa verrà sfruttato il know how unico al mondo nel campo del piombo liquido che contraddistingue l’ENEA, che metterà a disposizione le infrastrutture, le competenze e le professionalità del Centro Ricerche del Brasimone (Bologna), che si occupa di ricerca e sviluppo di tecnologie per sistemi energetici innovativi, fusione nucleare, dei materiali e dei metalli liquidi grazie al quale la zona dell’Appennino dimostra, ancora una volta, di essere un polo attrattivo per gli investimenti nel mondo dell’innovazione e della ricerca. Allo sviluppo industriale e occupazionale della zona presto si aggiungerà anche il Tecnopolo di Bologna, dove stanno continuando i lavori sull’infrastruttura che ospiterà il più grande Centro di Ricerca di ENEA sull’economia circolare e la sostenibilità.

L’accordo tra ENEA e newcleo porterà anche a una maggiore valorizzazione del Centro del Brasimone: molto probabilmente una parte di ingegneri del team newcleo vi verrà a lavorare per una decina d’anni e saranno fatti anche nuovi investimenti, che supereranno i 50 milioni di euro, per implementare le infrastrutture di ricerca ENEA del luogo.

Il progetto prevede la creazione di Advanced Modular Reactors di piccole dimensioni raffreddati al piombo invece che ad acqua, che sono molto più semplici e affidabili; i primi prototipi di questi nuovi sistemi nucleari di IV generazione verranno sviluppati entro i prossimi sette anni, poi verranno commercializzati a livello internazionale, per andare sostituire gli attuali reattori di II e III generazione.

La collaborazione tra ENEA e newcleo porterà anche alla realizzazione di un prototipo elettrico del sistema LFR (Lead-cooled Fast Reactor, ossia reattori raffreddati al piombo), senza l’uso di materiali radioattivi o combustibile nucleare, che permetta di studiare a fondo le prestazioni termo-fluidodinamiche, meccaniche e funzionali, e alla progettazione degli ADS (Accelerator Driven System) che permetteranno di ridurre drasticamente il volume dei rifiuti nucleari.

Il gruppo di lavoro sarà costituito da personale ENEA e newcleo,  e si scambierà informazioni e conoscenze per l’allineamento dei programmi sperimentali su nuovi sistemi nucleari, al fine di sviluppare congiuntamente apparecchiature e codici tecnologici.

“Negli ultimi 20 anni l’ENEA ha svolto un’ampia gamma di studi e sperimentazioni di ricerca in questo settore, nel quale ha raggiunto una posizione di primo piano a livello internazionale”, sottolinea il Presidente dell’ENEA Gilberto Dialuce. “Quest’accordo – aggiunge – ci consente di collaborare all’obiettivo di garantire la produzione di energia elettrica in sicurezza e a lungo termine in impianti da realizzarsi all’estero, ma con ricadute rilevanti di investimenti e di occupazione a livello locale. Infatti, le attività previste dall’accordo con newcleo saranno realizzate nel nostro Centro Ricerche del Brasimone, sull’Appennino Tosco-Emiliano, dove sono in corso anche altri progetti strategici insieme alla Regione Emilia-Romagna, come ad esempio lo sviluppo di tecnologie per la fusione e per la produzione di radiofarmaci destinati alla diagnosi e alla terapia dei tumori”.

La storia del nucleare in Italia: i rischi che hanno portato alla dipendenza energetica del paese

I sistemi nucleari che verranno sviluppati nell’ambito del progetto avviato da ENEA e newcleo non saranno però localizzati in Italia, ma in zone dove è accettata la creazione di centrali nucleari. Il nostro paese, com’è noto, ha rinunciato a questa fonte di energia molti anni fa.

In realtà, all’inizio degli anni Settanta, a causa dell’aumento dei prezzi di gas e petrolio causati dalla questione arabo-israeliana, l’Italia aveva visto nel nucleare una buona alternativa per essere più indipendente a livello energetico, e infatti il Piano Energetico Nazionale di quegli anni includeva la creazione di altre centrali nucleari. All’epoca, infatti, di centrali nel paese ce n’erano già 4:

-la centrale di Latina, da 210 MWe con reattore Magnox, attiva commercialmente dal 1964;

-la centrale Garigliano di Sessa Aurunca (CE), da 160 MWe con reattore nucleare ad acqua bollente (BWR), attiva commercialmente dal 1964

-la centrale Enrico Fermi di Trino (VC), da 270 MWe con reattore nucleare ad acqua pressurizzata (PWR), attiva commercialmente dal 1965

-la centrale di Caorso (PC), da 860 MWe con reattore BWR, attiva commercialmente dal 1981

L’incidente avvenuto nel 1979 alla centrale di Three Miles Island, in Pennsylvania, dove fortunatamente non ci furono vittime e grossi danni, scatenò una certa attenzione e disappunto verso il nucleare, ma, nonostante ci fossero state anche le prime manifestazioni contro questa tecnologia, il governo dell’epoca  procedette comunque su quella strada, con l’obiettivo di ampliare il mix energetico nazionale e ridurre la dipendenza dal petrolio importato.

Poi, il disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986 cambiò tutto. La paura e la sfiducia della popolazione nei confronti delle centrali nucleari venne ampiamente dimostrata dall’esito del referendum dell’anno successivo, che sancì la dismissione delle centrali nucleari, sebbene questa non fosse nemmeno esplicitamente richiesta. La società SOGIN acquistò tutti i siti nucleari presenti nel territorio italiano nel 1999 per smantellarli e smaltirne i rifiuti (anche se dopo tutti questi anni sono ancora in fase di smantellamento).

Successivamente, la mancata produzione di energia elettrica dalle fonti nucleare, che prima si attestava generalmente intorno al 3-4% del totale nazionale, fu compensata con un maggiore utilizzo dei combustibili fossili, principalmente carbone e gas, ma anche petrolio/olio combustibile, con un conseguente incremento delle importazioni.

Verso la metà dei primi anni 2000 si era riaperto il dibattito su un’eventuale reintroduzione dell'energia nucleare, ma anch’esso si è chiuso con un referendum abrogativo del 2011, determinato dal timore, ancora troppo forte, degli incidenti nucleari, dei dubbi sulla questione dello smaltimento dei rifiuti radioattivi, e dalla certezza degli alti costi delle tecnologie nucleari. Nondimeno, l’Italia è un paese dove non c’è molto uranio, ma in compenso c’è un alto rischio sismico e intrecci tra politica, affari e criminalità organizzata che non sono in grado di garantire che i progetti per l’energia nucleare vengano gestiti correttamente e in completa sicurezza.

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