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Efficienza aumentata per le celle a perovskite grazie ad un’innovazione dell’Università di Padova
Un team di ricercatori dell’ateneo padovano ha individuato un nuovo materiale che aumenta l’efficienza delle celle a perovskite soggette ad alta umidità

Il settore italiano del fotovoltaico festeggia il grande risultato ottenuto da un gruppo di ricercatori internazionali che, guidati dall’Università di Padova, hanno prodotto un materiale costruttivo che permette di eliminare gli elettroni-lacuna e di ridurre le conseguenze dell’impatto dell’acqua sulle celle solari a perovskite grazie all’utilizzo di additivi con capacità di scissione dell’acqua. I test hanno permesso di confermare che questo metodo permette di ottenere un’efficienza di conversione del 9% nelle celle di perovskite mantenute per un mese in un’ambiente con atmosfera satura d’umidità.
La ricerca internazionale sta investendo notevoli risorse nello studio di metodi e prodotti che permettano di offrire maggiore stabilità igrometrica alle celle solari a perovskite (PSCs), dal momento che proteggere lo strato di perovskite ed evitare che l’acqua arrivi a formare uno strato uniforme è fondamentale per migliorare le prestazioni generali d’impianto.
La soluzione proposta integra strati idrorepellenti con capacità di scissione dell’acqua all’assorbitore in perovskite di una cella standard. Gli strati ausiliari possono presumibilmente convertire l'acqua in entrata in ossigeno e idrogeno.
I ricercatori hanno scelto di utilizzare il tiocianato di rame (CuSCN) per la produzione di questo innovativo materiale dal momento che si tratta di un polimero di coordinazione stabile all’aria e dotato di trasparenza ottimale e conduttività di tipo p.
In particolare si è scelto di utilizzare nanopiastrine di CuSCN senza ligandi, vale a dire piccole pile di fogli a forma di piastrina che vengono prodotti attraverso sintesi idrotermale a flusso continuo, un’innovativa tecnologia di processo per la produzione dei nanomateriali che, nell’ultimo periodo, è stata sempre più spesso adottata perché permette di sintetizzare in modo semplice e versatile una grande varietà di nanomateriali.
Il composto di CuSCN realizzato viene cosparso su un trasportatore di elettroni polimerico come il P3HT, il Poly (3–hexylthiophene)a base di carbonio, che gli scienziati hanno descritto come un polimero organico di tipo p, economico e ben consolidato.
“Cospargendo il CuSCN sul P3HT si produce un nonocomposto HTM nuovo, che può essere definito come CuSCN@P3HT” hanno spiegato gli studiosi, che hanno specificato che questo nuovo materiale consente anche la scissione dell’acqua, utile a prevenire la degradazione delle celle per mano dell’umidità. “Il composto CuSCN@P3HT – hanno raccontato – è stato prodotto unendo il CuSCN-NP senza ligandi in polvere ad una soluzione di P3HT”.
Il nanocomposto HTM è stato quindi integrato con una cella solare a perovskite standard. Il contatto diretto tra P3HT e CuSCN-NP sull’HTM favorisce gli scambi di carica tra l’ossigeno assorbito disciolto nella soluzione e lo strato P3HT. In particolare, l’efficienza di conversione fotoni-incidenti-elettroni della cella è stata aumentata grazie all’utilizzo di questo nuovo composto che permette di ottenere un più favorevole allineamento del livello energetico complessivo, diminuendo il livello energetico dello strato di trasporto delle lacune.
La ricerca internazionale sta investendo notevoli risorse nello studio di metodi e prodotti che permettano di offrire maggiore stabilità igrometrica alle celle solari a perovskite (PSCs), dal momento che proteggere lo strato di perovskite ed evitare che l’acqua arrivi a formare uno strato uniforme è fondamentale per migliorare le prestazioni generali d’impianto.
La soluzione proposta integra strati idrorepellenti con capacità di scissione dell’acqua all’assorbitore in perovskite di una cella standard. Gli strati ausiliari possono presumibilmente convertire l'acqua in entrata in ossigeno e idrogeno.
I ricercatori hanno scelto di utilizzare il tiocianato di rame (CuSCN) per la produzione di questo innovativo materiale dal momento che si tratta di un polimero di coordinazione stabile all’aria e dotato di trasparenza ottimale e conduttività di tipo p.
In particolare si è scelto di utilizzare nanopiastrine di CuSCN senza ligandi, vale a dire piccole pile di fogli a forma di piastrina che vengono prodotti attraverso sintesi idrotermale a flusso continuo, un’innovativa tecnologia di processo per la produzione dei nanomateriali che, nell’ultimo periodo, è stata sempre più spesso adottata perché permette di sintetizzare in modo semplice e versatile una grande varietà di nanomateriali.
Il composto di CuSCN realizzato viene cosparso su un trasportatore di elettroni polimerico come il P3HT, il Poly (3–hexylthiophene)a base di carbonio, che gli scienziati hanno descritto come un polimero organico di tipo p, economico e ben consolidato.
“Cospargendo il CuSCN sul P3HT si produce un nonocomposto HTM nuovo, che può essere definito come CuSCN@P3HT” hanno spiegato gli studiosi, che hanno specificato che questo nuovo materiale consente anche la scissione dell’acqua, utile a prevenire la degradazione delle celle per mano dell’umidità. “Il composto CuSCN@P3HT – hanno raccontato – è stato prodotto unendo il CuSCN-NP senza ligandi in polvere ad una soluzione di P3HT”.
Il nanocomposto HTM è stato quindi integrato con una cella solare a perovskite standard. Il contatto diretto tra P3HT e CuSCN-NP sull’HTM favorisce gli scambi di carica tra l’ossigeno assorbito disciolto nella soluzione e lo strato P3HT. In particolare, l’efficienza di conversione fotoni-incidenti-elettroni della cella è stata aumentata grazie all’utilizzo di questo nuovo composto che permette di ottenere un più favorevole allineamento del livello energetico complessivo, diminuendo il livello energetico dello strato di trasporto delle lacune.