Focus Incentivi
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I “furbetti” dell’Ecobonus: le multiutility che gonfiano i prezzi di caldaie e climatizzatori
Un’inchiesta sul Corriere della Sera sul rincaro dei prezzi di caldaie e climatizzatori che accedono all’Ecobonus da parte delle multiutility
L’introduzione degli incentivi statali per l’efficientamento energetico degli edifici ha portato ad un forte rialzo delle vendite di climatizzatori e caldaie negli ultimi due anni. Con le detrazioni fiscali, prima del 50% e del 65% e ora arrivate addirittura al 110% con il tanto discusso Superbonus, da 16.000 pompe di calore e 62.000 caldaie vendute nel 2018 si è arrivati a quasi 70.000 condizionatori e 171.000 caldaie vendute nel 2020.
Numeri di mercato che sono sicuramente cresciuti grazie all’introduzione, avvenuta ormai un anno fa, dei vantaggi offerti dalla possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito. Provvedimenti fiscali che però hanno portato effetti sia negativi che positivi, come dimostrato dall’inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, che accusa le multiutility del settore energetico di gonfiare i preventivi dei costi per gli impianti incentivati.
In effetti, se si guardano gli esempi riportati nell’articolo, è evidente come le multiutility, che propongono prodotti e interventi “chiavi in mano” pagabili in comode piccole rate inserite direttamente nelle bollette, presentino ai clienti dei prezzi esorbitanti rispetto a quanto si andrebbe spenderebbe in un negozio rivenditore.
Per una caldaia Riello Residence 30, Eni Gas e Luce prospetta una fattura di 3.991 euro, così ripartiti: 2.911 euro per il prodotto, 1.080 per oneri accessori (non del tutto precisati), e 30 euro per sali contro il calcare. Della somma totale, alla multiutility il cliente paga 1.396 euro e lo stato i restanti 2.595, rispettivamente il 35% e il 65% (come previsto dall’Ecobonus).
Ma quali sarebbero i costi per lo stesso prodotto non venisse acquistato tramite la multiutility?
Il preventivo presentato da un negozio rivenditore dimostra costi ben diversi. Per una caldaia Riello Residence 30 vengono chiesti 1.600 euro, che comprendono sia il prodotto che i costi per l’intervento di installazione, di cui alla fine il cliente pagherà 560 euro, mentre lo stato gli ritornerà 1.040 euro tramite detrazione fiscale in 10 anni.
C’è qualcosa che non quadra. Il risparmio che si ottiene tramite l’acquisto in negozio è evidente, e non riguarda solo il cliente finale (che risparmia più di 800 euro) ma anche per lo stato, che risparmia ben 1.500 euro.
Altro esempio riportato dal Corriere: per il climatizzatore Haier Tundra 2.5 35 la multiutility Reti Energia Servizi presenta un preventivo di 1.957 euro, di cui il cliente ne pagherebbe 685 e lo stato 1.272. Il prezzo in negozio? 690 euro, di cui 440 per il prodotto, la consegna e l’Iva, e 250 per il montaggio; di questi 690 euro, lo stato ne rimborserà al cliente 450 in dieci anni tramite detrazioni fiscali.
La domanda sorge spontanea: perché le multiutility presentano prezzi così elevanti rispetto ai negozi rivenditori? La giustificazione sembra essere il fatto che, rispetto ai negozi, esse si occupano anche di tutta la parte burocratica legata alla richiesta di accesso agli incentivi fiscali dei bonus.
Un onere che i rivenditori invece non possono offrire, poiché non sono in grado di occuparsi della gestione burocratica per le detrazioni degli interventi e inoltre non dispongono della liquidità necessaria per anticipare i costi dei prodotti, aspettando il rimborso da parte dello stato.
Il problema è che il consumatore finale si concentra solamente sul costo finale che gli viene presentato, di gran lunga più conveniente rispetto al preventivo di partenza non incentivato, ma non presta attenzione all’effettivo costo dei prodotti, e di conseguenza non ha una corretta percezione del risparmio che sta ottenendo.
Inoltre, la complessità dei meccanismi per accedere alle detrazioni offerte dagli incentivi statali è tale da scoraggiare i clienti finali, che preferiscono affidarsi ai professionisti delle multiutility. La procedura infatti è lunga e tortuosa, poiché i benefici si ottengono in dieci anni ma prima occorre gestire le pratiche da inviare all’ENEA e quelle riguardanti la dichiarazione dei redditi, e quindi, oltre al coinvolgimento di più di un soggetto, sono richieste competenze e conoscenze di cui non tutti sono in possesso.
Ma questi non sono gli unici problemi che presentano gli incentivi offerti dallo stato italiano: oltre alla burocrazia articolata, essi non prevedono distinzioni tra le persone con diverse fasce di reddito, insinuano ancora molti dubbi e incertezze (sia nei contribuenti che negli addetti ai lavori) nonostante siano ormai attivi da tempo, e i controlli degli interventi incentivati effettuati per il risparmio energetico non sono ancora partiti.
È proprio sulla questione del controllo che occorre fare chiarezza. Da quanto emerge dall’inchiesta della Gabanelli, sarebbe opportuno verificare la correttezza dei preventivi presentati dalle multiutility, oltre che accertarsi del rispetto dei requisiti tecnici per godere dei benefici fiscali offerti per gli interventi di efficientamento energetico. Controlli per cui lo stato dovrebbe avere particolare interesse, visto che anch’esso è “vittima” del rincaro dei prezzi dei colossi dei servizi energetici .
Numeri di mercato che sono sicuramente cresciuti grazie all’introduzione, avvenuta ormai un anno fa, dei vantaggi offerti dalla possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito. Provvedimenti fiscali che però hanno portato effetti sia negativi che positivi, come dimostrato dall’inchiesta di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera, che accusa le multiutility del settore energetico di gonfiare i preventivi dei costi per gli impianti incentivati.
In effetti, se si guardano gli esempi riportati nell’articolo, è evidente come le multiutility, che propongono prodotti e interventi “chiavi in mano” pagabili in comode piccole rate inserite direttamente nelle bollette, presentino ai clienti dei prezzi esorbitanti rispetto a quanto si andrebbe spenderebbe in un negozio rivenditore.
Per una caldaia Riello Residence 30, Eni Gas e Luce prospetta una fattura di 3.991 euro, così ripartiti: 2.911 euro per il prodotto, 1.080 per oneri accessori (non del tutto precisati), e 30 euro per sali contro il calcare. Della somma totale, alla multiutility il cliente paga 1.396 euro e lo stato i restanti 2.595, rispettivamente il 35% e il 65% (come previsto dall’Ecobonus).
Ma quali sarebbero i costi per lo stesso prodotto non venisse acquistato tramite la multiutility?
Il preventivo presentato da un negozio rivenditore dimostra costi ben diversi. Per una caldaia Riello Residence 30 vengono chiesti 1.600 euro, che comprendono sia il prodotto che i costi per l’intervento di installazione, di cui alla fine il cliente pagherà 560 euro, mentre lo stato gli ritornerà 1.040 euro tramite detrazione fiscale in 10 anni.
C’è qualcosa che non quadra. Il risparmio che si ottiene tramite l’acquisto in negozio è evidente, e non riguarda solo il cliente finale (che risparmia più di 800 euro) ma anche per lo stato, che risparmia ben 1.500 euro.
Altro esempio riportato dal Corriere: per il climatizzatore Haier Tundra 2.5 35 la multiutility Reti Energia Servizi presenta un preventivo di 1.957 euro, di cui il cliente ne pagherebbe 685 e lo stato 1.272. Il prezzo in negozio? 690 euro, di cui 440 per il prodotto, la consegna e l’Iva, e 250 per il montaggio; di questi 690 euro, lo stato ne rimborserà al cliente 450 in dieci anni tramite detrazioni fiscali.
La domanda sorge spontanea: perché le multiutility presentano prezzi così elevanti rispetto ai negozi rivenditori? La giustificazione sembra essere il fatto che, rispetto ai negozi, esse si occupano anche di tutta la parte burocratica legata alla richiesta di accesso agli incentivi fiscali dei bonus.
Un onere che i rivenditori invece non possono offrire, poiché non sono in grado di occuparsi della gestione burocratica per le detrazioni degli interventi e inoltre non dispongono della liquidità necessaria per anticipare i costi dei prodotti, aspettando il rimborso da parte dello stato.
Il problema è che il consumatore finale si concentra solamente sul costo finale che gli viene presentato, di gran lunga più conveniente rispetto al preventivo di partenza non incentivato, ma non presta attenzione all’effettivo costo dei prodotti, e di conseguenza non ha una corretta percezione del risparmio che sta ottenendo.
Inoltre, la complessità dei meccanismi per accedere alle detrazioni offerte dagli incentivi statali è tale da scoraggiare i clienti finali, che preferiscono affidarsi ai professionisti delle multiutility. La procedura infatti è lunga e tortuosa, poiché i benefici si ottengono in dieci anni ma prima occorre gestire le pratiche da inviare all’ENEA e quelle riguardanti la dichiarazione dei redditi, e quindi, oltre al coinvolgimento di più di un soggetto, sono richieste competenze e conoscenze di cui non tutti sono in possesso.
Ma questi non sono gli unici problemi che presentano gli incentivi offerti dallo stato italiano: oltre alla burocrazia articolata, essi non prevedono distinzioni tra le persone con diverse fasce di reddito, insinuano ancora molti dubbi e incertezze (sia nei contribuenti che negli addetti ai lavori) nonostante siano ormai attivi da tempo, e i controlli degli interventi incentivati effettuati per il risparmio energetico non sono ancora partiti.
È proprio sulla questione del controllo che occorre fare chiarezza. Da quanto emerge dall’inchiesta della Gabanelli, sarebbe opportuno verificare la correttezza dei preventivi presentati dalle multiutility, oltre che accertarsi del rispetto dei requisiti tecnici per godere dei benefici fiscali offerti per gli interventi di efficientamento energetico. Controlli per cui lo stato dovrebbe avere particolare interesse, visto che anch’esso è “vittima” del rincaro dei prezzi dei colossi dei servizi energetici .