Speciale 77
Le nuove tecnologie per il fotovoltaico: efficienza, integrazione e accumulo
Intervista a Nicola Bano

Il fotovoltaico in Italia e nel mondo: tra incertezze normative e nuovi sviluppi tecnologici

Ad agosto assoRinnovabili ha denunciato lo Stato Italiano alla Commissione Europea, assieme a una cinquantina di altri operatori, chiedendo l'apertura di una procedura di infrazione per violazione della Direttiva 2009/28/CE che ha fissato i target europei per lo sviluppo delle energie rinnovabili.

In particolare, ha fatto discutere la controversa norma n. 26, detta Spalma-Incentivi, contenuta nel DL Competitività che modifica unilateralmente e retroattivamente i contratti sottoscritti dagli investitori nazionali ed esteri con il Gse.

I due filoni di accusa riguardano dunque l’incostituzionalità, a livello italiano, della norma, e la violazione del Trattato sulla Carta dell'Energia. Ad agosto, l’auspicio era che il governo rimediasse all’errore dello spalma-incentivi, ad oggi invece abbiamo i primi tre decreti attuativi lo spalma-incentivi, che sostanzialmente stabiliscono una spalmatura degli incentivi nell’arco di venti anni e più a fronte di un risparmio per lo stato di 500-700 milioni di euro l'anno.

Ing. Pacchione, ritiene dunque che le vostre proposte siano state del tutto inascoltate dal governo italiano? Qualche modifica, a seguito delle proteste degli operatori di settore, è stata apportata in senso positivo? Oppure la norma è tutt’ora completamente da stralciare?

«Abbiamo avuto diversi colloqui con il governo e con il Mise. Vedendo i risultati purtroppo devo dire che tutto quello che abbiamo proposto non è stato minimamente recepito e quindi, dal nostro punto di vista, il risultato finale non è un buon risultato».

Secondo Lei perché le vostre richieste non sono state recepite?

«Secondo me il governo non ha una percezione esatta del danno economico che questa norma scarica sugli operatori e sul mercato. Mi spiego meglio: c’è spesso un grande luogo comune che riguarda le rinnovabili, cioè che si tratti di un mercato estremamente ricco; di conseguenza c’è stata la volontà politica di ridurre questa presunta ricchezza. Probabilmente la nostra controparte politica non si è resa conto del continuo cambio di normative, che ha portato alla continua riduzione dei ricavi di questo mercato».

La Corte Costituzionale bulgara ha annullato una tassa retroattiva del 20% sui ricavi degli impianti fotovoltaici ed eolici, pensate possa succedere lo stesso in Italia?

«Abbiamo avviato un ricorso, capeggiato da assoRinnovabili e Confagricoltura, siamo 1000 ricorrenti, un numero molto importante di aziende che stanno avendo problemi per questo decreto. Il ricorso vuole sia fatta una verifica di questo decreto, che noi riteniamo incostituzionale, per riportare la legittimità sul mercato. Purtroppo immagino che gli esiti del ricorso non saranno immediati, ma l’effetto retroattivo di questa normativa è un dato oggettivo, quindi ci sono tutti i presupposti per una vittoria».

Agli stati generali della Green Economy di Rimini si è parlato della possibilità di applicare una Carbon Tax sui prodotti meno sostenibili, con un meccanismo di imposizione fiscale simile all’IVA, una sorta di “incentivo al contrario”. Crede che un’iniziativa di questo genere potrebbe essere utile?

«Secondo me è un’iniziativa molto intelligente e molto utile, che potrebbe portare a ripensare radicalmente la politica fiscale del paese. Spesso le nostre aziende sono meno competitive di quelle straniere (cinesi o asiatiche, ad esempio), solo perché in Italia e in Europa dobbiamo rispettare, giustamente, degli obblighi regolatori legati all’inquinamento. Se produco in Italia, quindi, mi costa di più, non solo perché il costo del lavoro è molto più alto, ma anche perché devo rispettare delle regole in termini di sicurezza sul lavoro delle persone e dell’ambiente, che in altri paesi non esistono, e questo ovviamente è un costo.
Se ripensiamo totalmente la tassazione anche in termini di emissioni di CO2 (chi più inquina più paga), si riporta competitività anche nel paese. Se un’azienda ha fatto investimenti in infrastrutture energetiche rinnovabili o comunque a basso impatto ambientale ed è soggetta a una agevolazione perché paga meno carbon tax, diventa più competitiva dei concorrenti che non usano queste regole e sono soggetti a un pagamento proporzionale a quanto inquinano. Naturalmente questo meccanismo, per funzionare, deve essere pensato a livello globale e non solo italiano».

I paesi emergenti stanno superando quelli industrializzati anche nel campo delle rinnovabili. Cina, Brasile, Sud Africa sembra guideranno questa corsa, non solo in termini di GW di installazione ma soprattutto per investimenti. Davvero l’Europa e l’Italia sono destinate a perdere la leadership anche in questo settore?


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