Articolo di Ing. Isacco Simion

Industria e tecnologie del riscaldamento: dagli inizi del novecento alle ultime innovazioni

C'erano una volta gli impianti di riscaldamento, ma in tempi non così lontani come si possa immaginare. Fino a qualche decennio fa, infatti, molti edifici non erano dotati neanche di servizi interni, e i problemi di igiene non mancavano: nei casi migliori si aveva un impianto fognario e un impianto idrico interno.

All'inizio del novecento l'incidenza del costo d’installazione degli impianti sul costo di costruzione dell'intero immobile non superava il 3%. Quando la disponibilità e il prezzo del petrolio lo hanno consentito, si è iniziato a riscaldare gli edifici mediante impianti di riscaldamento, portando l'incidenza degli impianti al 10% del costo complessivo dell'immobile. Solo successivamente è arrivata l'energia elettrica e la telefonia, fino ad arrivare ai giorni nostri nei quali la percentuale dell'impiantistica varia molto da caso a caso, ma a volte arriva anche al 65-70%.

I primi impianti di riscaldamento erano costituiti essenzialmente da una caldaia a basamento, radiatori in ghisa e un vaso di espansione aperto. Le tubazioni, ben dimensionate, e con diametri più generosi rispetto agli odierni, erano posate in pendenza, in modo da garantire la circolazione naturale dell'acqua. Solo successivamente si sono installati i cosiddetti “acceleratori”, che erano in sostanza dei circolatori che garantivano il movimento dell'acqua con velocità molto ridotta.

E così, si avevano vasi di espansione aperti collocati nelle soffitte, in posizione alta rispetto al resto dell'impianto, in modo da dare la dovuta pressione allo stesso. Se l'immobile aveva uno scantinato in cui era collocata la caldaia, le tubazioni di mandata e ritorno correvano a soffitto dello stesso, per poi alimentare i radiatori al piano superiore; in caso contrario, le tubazioni di mandata erano posizionate in alto e quelle di ritorno in basso.

I generatori di calore erano a Carbone, a Nafta e a Gasolio. A titolo di esempio si ricordano le caldaie Arsalignite ideate, così si dice, per bruciare anche carboni poveri, e la Pal Nafta alimentata a Nafta. Solo negli anni '80 circa si è iniziato ad installare caldaie a gas dapprima a camera aperta e successivamente a camera chiusa.

Un capitolo a parte meritano gli impianti di riscaldamento a pavimento, nati dal brevetto di un professore di nome Barker, poi ceduto alla Crittical Company che lo utilizzò per la prima volta a Liverpool nel 1909, installando tubazioni annegate sotto al pavimento. Il boom si ebbe nel dopoguerra con la realizzazione di impianti per 100.000 alloggi che però presentavano problematiche di malessere e di gestione, tali da provocare un drastico crollo di installazioni: temperature a pavimento troppo alte, dovute alla scarsa coibentazione termica degli edifici, che creavano gonfiore alle gambe; inerzia termica troppo elevata in quanto i tubi (in acciaio) venivano annegati nel pavimento senza interposizione di materiale isolante; e conseguente inadeguatezza della regolazione. La riscoperta avvenne negli anni '70, grazie all'adozione di migliori tecniche (norme sul contenimento dei consumi energetici, utilizzo di materassini isolanti, utilizzo di opportuni sistemi di regolazione).

Caldaie carbone nafta gasolio



Storia dell'industria del riscaldamento in Italia

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