Intervista a Franco Jamoletti di Regas s.r.l.
Franco Jamoletti è amministratore unico di Regas, azienda bergamasca specializzata nella fornitura di prodotti e servizi per gli impianti di distribuzione del gas naturale.
Molto lontano dall’idea di imprenditore vecchio stampo, che opera in un settore per sua natura statico e poco innovativo, ha fondato nel ’98 anche Rewatt, una spin-off specializzata nella progettazione e posa di impianti fotovoltaici.
Entrambe le aziende sono giovani, dinamiche e con uno spiccato orientamento alla salvaguardia dell’ambiente e al risparmio energetico, come lo stesso Jamoletti, che abbiamo incontrato a margine della conferenza di presentazione di Emma, la nuova creazione della sua azienda, per la quale non nasconde una punta di orgoglio.
Il risparmio energetico è sicuramente il mezzo più rapido, efficace ed efficiente per ridurre l’inquinamento ambientale. In che modo e misura i vostri prodotti contribuiscono alla salvaguardia ambientale?
"Emma è un’applicazione studiata e sviluppata interamente dal nostro reparto Ricerca e Sviluppo, per la diminuzione dei consumi di gas. Se fosse applicata in tutte le cabine di primo salto d’Italia - e noi consideriamo che questa non sia una chimera, intendo la possibilità di installarla in modo capillare - farebbe risparmiare 42.000 tonnellate di CO2 all’anno, la stessa quantità di CO2 che potremmo risparmiare con 300 campi da calcio ricoperti di pannelli fotovoltaici.
Oltre a questo, diciamo che come azienda teniamo un occhio critico verso tutto quello che riguarda l’ambiente e cerchiamo per ogni processo e prodotto di impattare il meno possibile. Questo fa parte della nostra filosofia aziendale, della nostra sensibilità."
La legislazione, a livello europeo, sta aiutando la crescita e lo sviluppo delle tecnologie così dette green, ritiene che questi aiuti siano sufficienti?
"Per quanto riguarda il fotovoltaico, che è il campo sul quale ho competenza, direi che è stato molto incentivato, per alcuni versi forse anche troppo, almeno in Italia. Nel resto d’Europa gli incentivi sono stati fatti con un po’ più di intelligenza, come ad esempio in Germania, che è la nazione al mondo dove il fotovoltaico è più sviluppato."
Secondo lei il settore delle rinnovabili potrà essere totalmente indipendente da incentivi e aiuti statali? Se si, quando?
La risposta è sicuramente si. Quando... Dipende: il termine di paragone per la Grid Parity è il costo dell’energia e come ben sappiamo il costo dell’energia dipende dalle materie prime e dalle fonti che si utilizzano per produrla. La Grid Parity è quindi un concetto di natura economica più che di natura tecnologica. Io credo che oggi, su impianti di medie dimensioni nel sud Italia si può parlare già oggi di Grid Parity, penso che entro la fine del 2014 quasi sicuramente questo avverrà anche nel resto della penisola.
Ci dica due azioni che un’azienda dovrebbe compiere per essere davvero “green”...
"Il primo passo è certificarsi per darsi una credibilità anche dal punto di vista normativo. Attraverso il processo di Certificazione del Sistema Ambientale UNI EN ISO 14001, ad esempio, si portano in azienda la struttura e i processi per la salvaguardia dell’ambiente, concretizzando l’impegno dell’impresa stessa.
Il secondo passo riguarda la formazione, ovvero la creazione di una cultura attenta al tema dell’ecologia."
Non crede che questa della Green Economy stia diventando in molti casi una moda cavalcata con molto rumore ma poca sostanza?
"Non sono d’accordo sul fatto che sia una moda. Basti pensare che in Italia più di 300.000 famiglie hanno messo sul tetto della loro casa un impianto fotovoltaico. Certo, ci saranno state le speculazioni, ma la maggior parte hanno installato i pannelli perché ci credevano davvero, noi lo sappiamo perché ne abbiamo venduti moltissimi.
Anche le industrie si danno da fare. Tantissimi stanno lavorando sui processi di efficientamento dei propri prodotti, penso ad esempio alle luci al led o al solare termico, oltre che al fotovoltaico. Se è una moda - io credo di no - ma se è una moda, fa bene, è una bella moda: la competitività dell’industria passa anche attraverso questo.
Vorrei aggiungere anche questo: la maggioranza delle imprese e delle famiglie hanno capito che i costi energetici saranno sempre di più una delle voci di costo più difficili da governare. L’energia, che pure è indispensabile, sarà sempre più il nostro cappio al collo, quindi è importante abituarci a consumarne meno e trovare delle fonti che siano letteralmente rinnovabili."
Biogas e biocarburanti, crede che saranno il futuro?
"Credo che debbano essere incentivati, ma ho qualche dubbio su questi argomenti e anche in azienda è in corso un dibattito interno.
Premesso che non sono un sostenitore delle biomasse, perché non amo molto l’idea di bruciare gli alberi per fare energia; se parliamo di bio-metano e ci riferiamo al metano derivato dal riutilizzo di qualcosa che andrebbe sprecato, come ad esempio i rifiuti, e non di speculazioni, credo sia una cosa positiva.
Le faccio un esempio: il trinciato di mais è un ottima materia prima per la produzione di biogas, ma è anche la base del mangime degli animali d’allevamento. L’aumento della richiesta di trinciato di mais per la produzione di biogas ha portato ad un aumento del costo del mangime e quindi ad un aumento del costo della carne. Questo ovviamente crea dei seri problemi di natura economica ed etica.
Il discorso vale anche per i biocarburanti. Se pensassimo di mettere un 10% obbligatorio di bio-gasolio nelle nostre auto, ad esempio, svilupperemmo una competizione molto forte e potenzialmente dannosa sia per i paesi in via di sviluppo sia per il comparto dell’agroalimentare. Il carburante, infatti, paga molto di più rispetto all’alimentare, quindi questo potrebbe portare ad un aumento dei prezzi della verdura, dei cereali, dei legumi... Oltre a questo, in Africa e in altri paesi in via di sviluppo si sta già facendo incetta di terreni per sviluppare colture intensive destinate al bio-carburante, sottraendo spazio ai contadini. Certo, tutti abbiamo l’automobile, e ovviamente ci piace usarla, ma piantare la colza al posto del grano in tutta sincerità mi sembra una vaccata."
Secondo lei, in riferimento al titolo del nostro Speciale, le tecnologie “green” sono un’opportunità maggiore per l’industria o per l’ambiente?
"Per le persone. Mi spiego meglio: le tecnologie Green sono senza dubbio un’opportunità per l’ambiente, e quindi anche e soprattutto per le persone. L’industria si presta a fare “il Green”, perché conviene. Questo fa parte del nostro sistema capitalistico, non ci vedo niente di male. Se le cose vengono fatte bene, anche da un punto di vista normativo, con le adeguate certificazioni e processi, il Green porta anche dei benefici economici.
C’è poi un altro discorso che va fatto a parte e riguarda il fenomeno del Green Washing, ovvero di quelle aziende che, per avere un ritorno di immagine, si danno una pennellata di verde, senza compiere azioni concrete in questo senso, ma solo azioni di marketing.
Questa è un’altra cosa, ma riguarda davvero poche aziende, almeno nel nostro paese."