Le opportunità offerte dalla direttiva ‘case green’ per i professionisti del settore
La nuova direttiva “Case Green”, ovvero la Energy Performance of Buildings Directive - EPBD IV (Dir. 2024/1275 del 24 aprile 2024), alza nuovamente gli obiettivi di efficientamento energetico del patrimonio edilizio per i paesi della Unione Europea. La Direttiva traccia un percorso sfidante, fatto di traguardi e scadenze temporali precise, che richiede il rinnovato impegno degli stati membri ed il coinvolgimento della cittadinanza, per accelerare il processo di transizione energetica dell’insediamento ormai non più rinviabile.
In apparente controtendenza con lo slancio europeo, il Governo italiano ridimensiona la portata degli strumenti di incentivazione più utilizzati per l’efficientamento energetico degli edifici basati sulle detrazioni fiscali (Ecobonus, Superbonus, Bonus Casa). Il provvedimento arriva con la Legge di Bilancio 2025 in risposta all’esperienza del Super Ecobonus, che si è rivelato molto pesante per le casse dello stato e non completamente convincente, ed ha l’obiettivo dichiarato di contenere la spesa e di semplificare e riordare gli strumenti disponibili. Le detrazioni fiscali risultano praticamente dimezzate negli importi e più limitate nei soggetti ammessi, ma si è in attesa di una revisione potenziata del Conto Termico 3.0 e di una serie di strumenti dedicati alla fascia più vulnerabile della popolazione. Siamo quindi in un momento di transizione, dove si dovranno equilibrare le esigenze di bilancio dello stato con gli obiettivi ecologici, rimodulando i meccanismi di incentivazione secondo le linee guida delle direttive europee e testandone l’efficacia nei prossimi anni.
Dopo aver illustrato le novità introdotte dalla nuova EPBD IV, il testo presenta il quadro attuale nel mercato delle riqualificazione energetica per patrimonio edilizio residenziale e dei principali incentivi attualmente disponibili.
Le direttive europee e le norma di recepimento italiane
L’importanza di definire una strategia e azioni concrete indirizzate alla diminuzione delle emissioni climalteranti del patrimonio edilizio è ben nota agli operatori del settore, ai decisori politici ed ai semplici cittadini dell’Unione, in quanto il settore è responsabile di circa il 40% del consumo energetico totale e del 36% delle emissioni dirette/indirette di gas serra della Unione Europea. Sulla base di questa evidenza, le strategie europee per contrastare il cambiamento climatico hanno sempre dedicato ampio spazio al patrimonio immobiliare con un mix di misure, direttive e strumenti che affrontano il fenomeno sotto diversi aspetti: sviluppo di nuove tecnologie, miglioramento della efficienza, diffusione delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), ricerca di fondi e finanziamenti, informazione e sensibilizzazione della opinione pubblica.
Nonostante la crescente disponibilità nel mercato di tecnologie e materiali che possono limitare notevolmente i consumi energetici degli edifici, fino a delineare i modelli di edificio energeticamente Positivi (Positive building), ossia che producono più energia di quella che consumano (su base annua), o che si avvicinano ad un bilancio energetico quasi nullo (nearly Zero Energy Building -nZEB), il fabbisogno energetico medio degli edifici della Unione Europea è ancora molto alto e il consumo complessivo continua a crescere, trascinato da stili di vita sempre più energivori.
L’efficientamento degli edifici esistenti è un processo particolarmente complesso, in quanto riguarda un immenso patrimonio immobiliare caratterizzato da forte vetustà ed inefficienza energetica, con un regime dei diritti di proprietà fortemente parcellizzato e stratificato nel tempo. Inoltre, non si configura come una semplice attività tecnica, ma coinvolge gli stili di vita dei fruitori degli edifici, necessita di risorse economiche pubbliche e private e talvolta può trovare ostacoli nelle normative edilizie e di tutela del paesaggio, sia quello naturale che quello storico urbano.
Fin dai primi anni 2000, per dare un quadro normativo e tecnico comune ai paesi dell’unione finalizzato a supportare la diminuzione del fabbisogno energetico del patrimonio edilizio, l’UE ha emesso le direttive sull’Efficienza Energetica degli Edifici (Energy Performance of Buildings Directive - EPBD) che rappresentano un pilastro fondamentale nella strategia dell’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas serra.
La prima direttiva (2002/91/CE - EPBD 2002), recepita in Italia dal D. Lgs. n. 192/2005, ha ribadito con forza la necessità di garantire l’efficienza del patrimonio immobiliare, soprattutto quando questo viene sottoposto a manutenzioni straordinarie e ristrutturazioni. La direttiva ha introdotto la “Certificazione Energetica” (ora Attestato di Prestazione Energetica - APE) per informare l’utenza e garantire il controllo delle prestazioni non solo in caso di lavori di efficientamento, ma anche per la semplice valorizzazione economica della unità immobiliare tramite compravendita o affitto. Sono seguite altre due iterazioni della direttiva: la EPBD II (2010/31/UE) e la EPBD III (2018/844/UE), che hanno ampliato e perfezionato i requisiti prestazionali imposti nelle versioni precedenti ed introdotto alcuni nuovi concetti come il “nearly Zero Energy Building –nZEB” e l’indicatore di intelligenza degli edifici “Smart Readiness Indicator - SRI”. Le direttive sono poi state recepite dagli stati membri integrandosi con le diverse specificità delle normative e dei regolamenti nazionali (figura 1).
Figura 1 - EPBD normativa energetica nazionale
In Italia, la prima norma per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici è stata emanata nel 1976 (Legge n. 373/1976), in risposta ad una crisi petrolifera, che colpì aspramente anche l’Europa. Pur non prevedendo requisiti particolarmente stringenti, la norma ha introdotto alcuni concetti ancora utilizzati nell’impianto normativo moderno, come: i primi vincoli alla progettazione, le regole per l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici e alcune metodologie fondamentali per l’esecuzione dei calcoli termici di verifica. Sarà però la successiva “Legge 10/1991 - Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia” a dare maggiore contributo all’impianto normativo italiano.
Questa fu la prima Legge-Quadro finalizzata a regolare le modalità per il progetto e per la gestione del sistema edificio - impianto che affrontava la tematica anche sotto altri aspetti: oltre al sistema tecnologico, prendeva in considerazione anche elementi di salvaguardia dell’ambiente, di pianificazione urbana e territoriale ed il benessere dei fruitori degli ambienti. Essa, integrata da modifiche e decreti attuativi (D.P.R. 412/1993) è rimasta in vigore fino alla legge di recepimento della EPBD I da parte della D.Lgs. 192/05. La Struttura della normativa attuale è ancora in larga parte assimilabile all’impianto della L. 10/91, che ha adottato le classificazioni delle destinazioni d’uso, le zone climatiche ed i principali adempimenti normativi di verifica delle performance in sede di progetto, come ad esempio il documento ancora noto come “Relazione ex legge 10 ”.
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