Minimizzare i ponti termici analizzando con metodi adatti i punti critici
L’evoluzione della scienza delle costruzioni sta portando allo sviluppo di edifici a consumo tendente allo zero. L’isolamento dei componenti opachi (pareti, tetti, pavimenti) molto performante ha portato allo studio dei punti freddi, o meglio, di quelle zone dove si presentano disomogeneità del materiale con possibili variazioni di forma. Queste zone sono definite ponti termici e portano ad un aumento del flusso termico con una conseguente variazione delle temperature superficiali interne e di conseguenza un aumento della quantità di calore disperso attraverso le pareti.
Esistono due gruppi di ponti termici: il primo è definito di struttura, dove la presenza di elementi diversi con caratteristiche fisiche (soprattutto di conduttività) diverse aumentano il flusso termico della parete eterogenea.
Esistono due gruppi di ponti termici: il primo è definito di struttura, dove la presenza di elementi diversi con caratteristiche fisiche (soprattutto di conduttività) diverse aumentano il flusso termico della parete eterogenea. Il secondo gruppo viene definito ponte termico di forma e lo possiamo trovare in presenza di spigoli che provocano un aumento del flusso termico totale, in coincidenza dell’addensamento delle isoterme.
In realtà esiste una terza tipologia di ponti termici causati da condizioni di margine variabili: i flussi termici locali creati da un impianto radiante a pavimento con le tubazioni annegate nel massetto, quindi nella struttura del pavimento a contatto con le pareti perimetrali.
Questi ponti critici della struttura edilizia devono essere evitati per diverse ragioni: il coefficiente di trasmissione localizzato è più elevato rispetto ad esempio al centro della parete omogenea, quindi il flusso di calore è maggiore.
Questo comporta la necessità di riscaldamento. Inoltre, la temperatura superficiale interna, nelle zone dove sono presenti i ponti termici, è minore che nella parete piena.
In queste zone la temperatura può facilmente essere al di sotto del punto di rugiada, provocando una possibile condensazione superficiale del vapore acqueo, creando quindi la formazione di macchie di umidità e muffe.
I ponti termici non possono essere mai evitati totalmente, tuttavia possono essere minimizzati nella fase di progettazione, analizzando con metodi adatti i punti critici del rivestimento dell’edificio.
Sono utilizzati i seguenti metodi:
• Procedimento per calcoli approssimativi UNI/TS 11300-1;
• Catalogo dei ponti termici UNI EN ISO 14683;
• Procedimento per calcoli numerici (elementi finiti) UNI EN ISO 10211:2008;
• Misurazioni da laboratorio tramite la termografia UNI 10824-1:2000;
• Misurazioni da laboratorio tramite la flussimetria ISO 9869:1994.
I sistemi più usati nel settore della progettazione edilizia sono l’utilizzo di cataloghi (o atlanti) dei ponti termici e l’analisi degli elementi finiti sfruttando la potenza dei software per la rapidità di esecuzione dei calcoli numerici.
Nel 2006 la legislazione emana il Decreto Legislativo n.311 del 29/12/06 che fornisce la definizione di ponte termico corretto: “quando la trasmittanza termica della parete fittizia (il tratto di parete esterna in corrispondenza del ponte termico) non supera per più del 15% la trasmittanza termica della parete corrente”.
Questo porta alla necessità di risolvere il punto freddo isolandolo per intero attraverso materiali isolanti e accorgimenti nella costruzione dei punti critici.
Se il ponte termico non è isolato in modo da soddisfare questa condizione, esso si considera “non corretto”; in tal caso il valore limite imposto dalla legislazione deve essere rispettato dalla trasmittanza media (parete continua + ponte termico), pesata in funzione delle rispettive dimensioni.
Appare evidente che isolare il ponte termico di un pilastro in c.a., così da poterlo considerare “ponte termico corretto” non sia banale e richieda un adeguato spessore di materiale isolante. Infatti il CLS degli elementi strutturali (cordoli, architravi, ecc.) necessita di una protezione, che può essere ottenuta grazie a materiali isolanti con spessori diversi, in funzione delle dimensioni di questi componenti.
Il rischio di condensazione superficiale viene valutato facendo riferimento alle condizioni previste dalla normativa che prevede l'assenza di condensazione superficiale con condizioni fisse di temperatura dell'aria interna, Ti = 20 °C, e di umidità relativa URi = 65 %. In queste condizioni la temperatura di saturazione corrisponde a 13,2 °C. Se la temperatura superficiale del ponte termico corretto o meno ha un valore minore di 13.2°C si è in presenza del rischio di condensazione superficiale. La correzione pertanto è considerata sufficiente se la temperatura superficiale interna risulta essere TSI > 13,2 °C ai fini della condensazione.
Riprodotta la tipologia del ponte termico e impostate le condizioni climatico-ambientali interne ed esterne, è possibile valutare il valore della temperatura superficiale interna nel punto più critico, in assenza di correzioni del ponte termico - che viene quindi corretto con diverse tipologie di materiali isolanti e per diversi spessori - analizzando le diverse temperature superficiali che si ottengono.
I software che permettono il calcolo degli elementi finiti del nodo costruttivo (secondo UNI EN ISO 10211:2008) suddividono il modello in singoli elementi di calcolo (appartenenti ad una mesh) che permettono, tramite un risolutore basato su metodi numerici, di calcolare la ripartizione delle temperature e dei flussi di energia attraverso ogni elemento del modello di calcolo. Tali software permettono, quindi, di calcolare la ripartizione dei flussi termici all’interno di una generica sezione, indipendentemente dalla sua forma o dalla sua complessità.
Questo porta a ricorrere a logiche di calcolo specifico adeguate allo studio del ponte termico. In presenza di un nodo costruttivo si deve calcolare e conoscere le dispersioni attraverso i singoli elementi costruttivi considerati separatamente. Successivamente è necessario determinare le dispersioni supplementari dovute alla combinazione dei due elementi.
In altre parole, si calcola il flusso termico che attraversa il sistema ponte termico nella sua complessità e la somma dei flussi termici piani e stazionari che attraversano gli elementi costruttivi presi singolarmente.
In caso di restauri se vogliamo ottenere una buona riqualificazione energetica è di vitale importanza mappare in modo preciso questo tipo di criticità, in maniera tale da predisporre interventi edili mirati al risolvimento dei ponti termici.
In questo caso però spesso non sono disponibili progetti o indicazioni su come è stato costruita la struttura e l’indagine termografica, permette di visionare con precisione e accuratezza la posizione e la presenza delle criticità energetiche degli edifici.
La termografia piu esattamente è una tecnica per l’analisi non distruttiva che sfrutta il principio fisico secondo cui qualunque corpo abbia una temperatura maggiore dello zero assoluto (-273,14°C), emette energia sotto forma di radiazione infrarossa. Lo strumento, converte l’energia emessa da un corpo trasformandola in punti all’interno del visore. L’immagine ottenuta non è altro che la mappatura termica superficiale dell’oggetto che permette di capire la posizione esatta del punto freddo all’interno della struttura muraria o del componente edilizio analizzato.
A cura di: Andrea Bernardi
Consulente Energetico