Speciale 78
NZEB: progettazione integrata, materiali e tecnologie per gli edifici a energia quasi zero
Alcuni contenuti di questo speciale:
Intervista
NZEB: partire dall’involucro, ma prima ancora dalla progettazione integrata
ANIT (Associazione Nazionale per l'Isolamento Termico e acustico) è una delle associazioni italiane più attive, soprattutto nel panorama della formazione tecnica e professionale, nel campo dell’edilizia moderna.
L’ing. Galbusera, oltre ad essere Responsabile Formazione per ANIT, lavora per TEP srl, società di ingegneria specializzata nella consulenza per l’efficienza energetica e l’isolamento acustico degli edifici.
Tra i diversi approcci progettuali per costruire edifici a energia quasi zero, dal suo punto di vista, qual è il migliore?
«Quando si parla di edifici a energia quasi zero, ci si dimentica da dove arriva questa definizione. Nato con la Direttiva europea n. 31 del 2010 sull’efficienza energetica degli edifici, il concetto di ‘edificio a energia quasi zero’ rappresenta la volontà europea di introdurre nuove regole per tutti gli Stati membri. In particolare, nel documento si legge che gli edifici nuovi, costruiti a partire dal 2021, dovranno essere a energia quasi zero. Ogni Stato decide poi in modo autonomo come applicare questo concetto.
Oggi è in corso un dibattito tra i vari Ministeri competenti per stabilire le regole applicative che riguarderanno l’edificio a energia quasi zero.
La cosa ha poi preso piede anche dal punto di vista giornalistico, colpendo il mondo della progettazione, allargandosi in generale ad altre cose, come metodo di buona prassi, come sinonimo di edificio costruito bene o molto efficiente, ma in realtà si tratta di un obbligo legislativo.
Tra pochi mesi scopriremo quindi come questa normativa europea verrà tradotta dal legislatore italiano, e poi a cascata come le regioni aggiorneranno questa definizione».
Per quanto riguarda invece le ristrutturazioni, che sono già oggi la fetta più importante del mercato, quali sono secondo lei, al di là della normativa, le prassi migliori per trasformare un vecchio edificio in un edificio quanto più possibile a energia zero?
«Questa è la vera sfida che abbiamo di fronte: l’approccio di Anit consiste in tre passi per arrivare alla progettazione finale, totale, di un edificio:
Tra questi tre passaggi, secondo lei quale porta vantaggi maggiori con una spesa minore?
«Dipende da caso per caso. A volte il ritorno migliore si ha alzando un po' la soglia dell’investimento.
Dipende dalle possibilità di intervento economiche che ho, ma anche dall’edificio.
In generale comunque bisogna partire dall’involucro: ottimizzata la scatola, i fabbisogni di solito si riducono, perché il risparmio che si ottiene dura nel tempo, mentre l’efficientamento di un impianto prima o poi degrada. Se la scatola ha bisogno di meno energia, questa è una riduzione più duratura e anche più sostenibile, cioè evito di consumare, che è anche la direzione del Green Building e del risparmio energetico».
Dal punto di vista dei materiali, secondo lei vedremo una diminuzione dei laterizi in favore di materiali come il legno o altri materiali naturali innovativi?
«Per quanto riguarda i materiali isolanti, bisogna avere chiaro quali sono le prestazioni che ci interessano, quindi si tratta di fattori di isolamento, dichiarati dai produttori attraverso la marcatura CE.
Oggi possono essere venduti e distribuiti materiali con questa marcatura e possiamo fare un confronto tra le diverse scelte, naturali e non, sulla base di questa carta di identità dei materiali.
Non ci sono materiali migliori di altri, dipende dalla prestazione che cerco.
Una delle idee di base potrebbe essere: ‘Voglio avere materiali naturali’. Se questa è la progettazione che cerco, allora si apre una gamma di prodotti di quel tipo, ma non è a priori la migliore.
Per quanto riguarda i sistemi tecnologici come le case in legno versus case tradizionali, dipende da molti fattori. Generalmente, le case in legno vanno bene per edifici piccoli, come villette o mono-familiari. Su edifici più grandi come i condomini, diventa difficile una progettazione con il legno.
Insomma, sono tutte scelte progettuali, a priori non c’è una soluzione definitiva migliore di altre».
Parliamo di un altro aspetto, spesso sottovalutato, cioè l’isolamento acustico dell’edificio…
L’ing. Galbusera, oltre ad essere Responsabile Formazione per ANIT, lavora per TEP srl, società di ingegneria specializzata nella consulenza per l’efficienza energetica e l’isolamento acustico degli edifici.
Tra i diversi approcci progettuali per costruire edifici a energia quasi zero, dal suo punto di vista, qual è il migliore?
«Quando si parla di edifici a energia quasi zero, ci si dimentica da dove arriva questa definizione. Nato con la Direttiva europea n. 31 del 2010 sull’efficienza energetica degli edifici, il concetto di ‘edificio a energia quasi zero’ rappresenta la volontà europea di introdurre nuove regole per tutti gli Stati membri. In particolare, nel documento si legge che gli edifici nuovi, costruiti a partire dal 2021, dovranno essere a energia quasi zero. Ogni Stato decide poi in modo autonomo come applicare questo concetto.
Oggi è in corso un dibattito tra i vari Ministeri competenti per stabilire le regole applicative che riguarderanno l’edificio a energia quasi zero.
La cosa ha poi preso piede anche dal punto di vista giornalistico, colpendo il mondo della progettazione, allargandosi in generale ad altre cose, come metodo di buona prassi, come sinonimo di edificio costruito bene o molto efficiente, ma in realtà si tratta di un obbligo legislativo.
Tra pochi mesi scopriremo quindi come questa normativa europea verrà tradotta dal legislatore italiano, e poi a cascata come le regioni aggiorneranno questa definizione».
Per quanto riguarda invece le ristrutturazioni, che sono già oggi la fetta più importante del mercato, quali sono secondo lei, al di là della normativa, le prassi migliori per trasformare un vecchio edificio in un edificio quanto più possibile a energia zero?
«Questa è la vera sfida che abbiamo di fronte: l’approccio di Anit consiste in tre passi per arrivare alla progettazione finale, totale, di un edificio:
- L’involucro, il contenitore, la scatola che deve contenere energia, deve essere fatta bene, ovvero isolare bene le strutture, dall’interno e dall’esterno, basta pensare alla parte finestrata, i vecchi serramenti che se sostituiti danno un ottimo contributo per limitare le dispersioni. Quindi bisogna innanzitutto cercare di sistemare la scatola in modo che funzioni meglio, che perda meno energia.
- Migliorare l’impianto, una volta sistemati i problemi dell’involucro, la linea progettuale passa all’interno, ovvero a come forniamo energia alla scatola, quindi l’ottimizzazione dell’impianto, banalmente la caldaia o la pompa di calore, oppure possiamo sostituire i tubi, ripristinare il modo di gestire energia nei diversi appartamenti, pensiamo al condominio, alla regolazione dell’energia tramite contabilizzazione, termoregolazione, ecc.
- Se possibile, coprire i fabbisogni da fonti rinnovabili, solare termico e fotovoltaico soprattutto».
Tra questi tre passaggi, secondo lei quale porta vantaggi maggiori con una spesa minore?
«Dipende da caso per caso. A volte il ritorno migliore si ha alzando un po' la soglia dell’investimento.
Dipende dalle possibilità di intervento economiche che ho, ma anche dall’edificio.
In generale comunque bisogna partire dall’involucro: ottimizzata la scatola, i fabbisogni di solito si riducono, perché il risparmio che si ottiene dura nel tempo, mentre l’efficientamento di un impianto prima o poi degrada. Se la scatola ha bisogno di meno energia, questa è una riduzione più duratura e anche più sostenibile, cioè evito di consumare, che è anche la direzione del Green Building e del risparmio energetico».
Dal punto di vista dei materiali, secondo lei vedremo una diminuzione dei laterizi in favore di materiali come il legno o altri materiali naturali innovativi?
«Per quanto riguarda i materiali isolanti, bisogna avere chiaro quali sono le prestazioni che ci interessano, quindi si tratta di fattori di isolamento, dichiarati dai produttori attraverso la marcatura CE.
Oggi possono essere venduti e distribuiti materiali con questa marcatura e possiamo fare un confronto tra le diverse scelte, naturali e non, sulla base di questa carta di identità dei materiali.
Non ci sono materiali migliori di altri, dipende dalla prestazione che cerco.
Una delle idee di base potrebbe essere: ‘Voglio avere materiali naturali’. Se questa è la progettazione che cerco, allora si apre una gamma di prodotti di quel tipo, ma non è a priori la migliore.
Per quanto riguarda i sistemi tecnologici come le case in legno versus case tradizionali, dipende da molti fattori. Generalmente, le case in legno vanno bene per edifici piccoli, come villette o mono-familiari. Su edifici più grandi come i condomini, diventa difficile una progettazione con il legno.
Insomma, sono tutte scelte progettuali, a priori non c’è una soluzione definitiva migliore di altre».
Parliamo di un altro aspetto, spesso sottovalutato, cioè l’isolamento acustico dell’edificio…