Articolo di Arch. Simone Michelotto

Pompe di calore: la flessione del mercato e le politiche energetiche

Sino al 2022, il mercato delle pompe di calore ha visto un’ascesa costante, il provvedimento incentivante del Superbonus 110% ha senza dubbio giocato un ruolo fondamentale nella diffusione di tale tecnologia andando ad agire sul settore residenziale che rappresenta, come detto in apertura, circa la metà del consumo di energia primaria prodotta. Tuttavia, dal 2023 ad oggi, il trend si è invertito e la diffusione delle pompe di calore ha subito un notevole rallentamento. Le cause di tale calo sono attribuibili a una serie di fattori, tra i quali spiccano i cambiamenti nelle politiche di incentivazione, le incertezze normative e le fluttuazioni economiche. Nell’ultimo biennio si sono susseguite una serie di modifiche legislative e fiscali nelle politiche di incentivazione che hanno creato una certa confusione tra gli operatori di settore e i contribuenti nonché una diffusa incertezza sul medio e lungo termine, portando uno scoraggiamento verso gli investimenti, specialmente nel caso di famiglie e imprese che si affidano a supporti economici per affrontare i costi iniziali delle installazioni.

Parallelamente, la pressione economica sulle famiglie e sulle imprese causata dalla difficile situazione geopolitica internazionale, è aumentata vedendo un innalzamento del costo della vita e dell’inflazione, andando inesorabilmente a limitare la capacità di investimento in tecnologie costose seppure vantaggiose a lungo termine. L’ambito produttivo stesso è stato investito dall’aumento dei costi delle materie prime e delle componenti. La flessione che si sta osservando va comunque vista come una fase transitoria: gli obiettivi comunitari sono chiari e definiti, il che deve tradursi in fiducia nelle politiche climatiche e di incentivazione; inoltre il settore delle pompe di calore ha tutto il potenziale per la crescita sia in termini di innovazione tecnologica che in termini di efficienza produttiva. 

L’Unione Europea ha da tempo intrapreso un percorso ambizioso per ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Questo impegno si traduce in un insieme di normative e strategie articolate in obiettivi intermedi e strumenti legislativi volti a garantire una transizione energetica equa ed efficace. Negli ultimi anni, l'Unione Europea ha intensificato gli sforzi per combattere il cambiamento climatico e promuovere la sostenibilità ambientale, ponendo un'attenzione particolare al settore edilizio mediante la revisione della Direttiva sulla Prestazione Energetica degli Edifici (EPBD - Energy Performance of Buildings Directive), detta Direttiva Case Green. Questo documento mira a fissare standard più rigorosi per migliorare l'efficienza energetica del patrimonio immobiliare europeo, con gli obiettivi di ridurre del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (obiettivo noto come Fit for 55) le emissioni di gas serra e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

La Direttiva prevede che gli Stati membri riducano il consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035; il 55% di questa riduzione dovrà essere ottenuta tramite la ristrutturazione del 43% degli immobili con le prestazioni peggiori. È demandata ai singoli Paesi la definizione di piani nazionali volti al raggiungimento di tale obiettivo, considerando che tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a emissioni zero dal 2030. La Direttiva definisce inoltre un quadro comune generale sulla metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari e l’applicazione di requisiti minimi di prestazione energetica di edifici e unità immobiliari di nuova costruzione ed esistenti. L'Italia, con il suo patrimonio edilizio caratterizzato da edifici spesso obsoleti e storici, rappresenta una delle sfide più complesse in termini di adeguamento alla normativa europea: è stato avviato un percorso di recepimento graduale, cercando di bilanciare le esigenze ambientali con le difficoltà tecniche ed economiche per l’adattamento di un patrimonio immobiliare notevolmente diversificato.

In questo senso, è in atto un censimento del patrimonio edilizio esistente (pubblico e privato, residenziale e non), volto a fotografare lo stato di fatto dello stesso, in modo da sviluppare una strategia nazionale di riqualificazione che preveda priorità e risorse per gli interventi più urgenti. Secondo le stime le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili in classe F e G entro il 2030 e il 26% degli edifici di classe energetica più bassa entro il 2033; questo significa che in pochi anni sarà necessario riqualificare oltre cinquecentomila edifici pubblici e circa cinque milioni di edifici privati più energivori. Si pone, dunque, il problema di garantire il sostegno necessario per rispettare le scadenze europee attraverso le politiche di investimento e incentivazione che sono più che mai cruciali e che dovranno rispondere alle esigenze del medio e lungo termine. 

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