Possibili soluzioni per la ristrutturazione impiantistica di un edificio
LA SCELTA DEI TERMINALI DI EROGAZIONE
Ristrutturare un immobile richiede un’approfondita analisi preliminare al fine di determinare le soluzioni che meglio si integrano a livello architettonico soprattutto nell’ottica del rispetto della struttura su cui si interviene. E’ possibile innanzitutto individuare due macro categorie di interventi per il risparmio energetico:- interventi di riqualificazione su edifici di pregio storico;
- interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti non soggetti a vincoli particolari.
I parametri principali che devono essere analizzati e rispettati da progettisti ed installatori sono numerosi e riguardano:
- Disponibilità di spazio per disporre i terminali di erogazione;
- Temperatura del fluido termovettore;
- Livello di precisione nel mantenimento delle condizioni di temperatura ed umidità relativa interna ai locali;
- Destinazione d’uso dei locali e livelli di variazione dei carichi endogeni.
Da tali presupposti è possibile spaziare tra numerose tipologie di terminali che presentano proprie caratteristiche specifiche che ne rendono utile l’installazione in alcuni ambienti piuttosto che altri
Radiatori
I radiatori, continuano tutt’oggi ad essere soluzioni tecniche molto apprezzate, sia per la loro semplicità, sia per il ridotto costo di acquisto. Sono terminali di erogazione ampiamente conosciuti che in molti casi risultano essere soluzioni tecniche ideali da prevedere in una ristrutturazione di un fabbricato sia esso ad uso continuativo, sia esso ad uso saltuario come possono essere le case vacanza. Esiste una disponibilità pressochè infinita di forme e colori, e questo li rende di fatto una soluzione impiantistica che ne garantisce la perfetta integrazione architettonica, potendo di fatto, in alcuni casi, renderli elementi di arredo degni di nota. Uno dei principali vantaggi dei radiatori sono i tempi di messa a regime ridotti. Per poter massimizzare l’efficacia di questo tipo di terminale vanno però tenute in considerazione alcune semplici regole installative tra cui:
- Garantire una distanza dal pavimento compresa tra 10-12 cm;
- Garantire una distanza dalla parete compresa tra 4-5 cm.
Nel caso in cui sia necessario installare i radiatori in nicchie o vi siano elementi sporgenti quali mensole poste al di sopra del terminale, è opportuno garantire una distanza minima pari a 10 cm al fine di ridurre il più possibile la caduta di resa della potenza complessiva degli elementi. Ovviamente spesso viene naturale chiedersi se i radiatori possano essere elementi impiantistici che bene si integrano in impianti di nuova generazione, soprattutto nel momento in cui si vogliano adottare sistemi di generazione con generatori di calore a condensazione. La domanda, o meglio l’affermazione più comune è: Assolutamente no, in quanto con i radiatori non è possibile recuperare energia dalla condensazione. In effetti è comprensibile tale preoccupazione anche se non riteniamo essa possa trovare totale conferma.
La caratteristica specifica e fondamentale dei generatori di calore a condensazione risiede nella capacità di recuperare parte dell’energia dai fumi di combustione, garantendo un aumento netto del rendimento. Di fatto il rendimento del generatore aumenta al diminuire della richiesta di potenza al generatore di calore, ossia è molto più alto quando il generatore di calore lavora a carico ridotto.
Va precisato per chiarezza, che la condensazione dei fumi è direttamente proporzionale alla percentuale di anidride carbonica CO2 presente nei fumi di combustione, ovvero all’aumentare della percentuale di CO2, aumenta la temperatura a cui avviene la condensazione dei fumi.
Questo significa che la temperatura di ritorno dall’impianto determina la possibilità di recuperare energia dai fumi da utilizzare a beneficio delle riduzione dei consumi di combustibile. Nel caso di generatori a condensazione, dato che la percentuale di CO2 si aggira attorno al 9-10%, la condensazione avviene già con temperature di ritorno dell’acqua pari a circa 57°C. Per poter sfruttare appieno tale condizione è opportuno gestire il funzionamento della caldaia mediante una centralina climatica che permette di ridurre la temperatura di mandata in funzione della temperatura esterna. Questo sistema permette al generatore di diminuire la temperatura di mandata dell’acqua all’aumentare della temperatura esterna rilevata.
E’ evidente e banale che la potenza richiesta per il mantenimento delle condizioni di temperatura interne ad un edificio diminuisce in modo proporzionale all’aumentare della temperatura esterna, proprio perché si riduce il salto termico tra interno ed esterno.
Questo significa che a parità di portata di acqua inviata all’impianto, riducendo la temperatura di mandata in maniera proporzionale, si riduce anche la temperatura di ritorno permettendo lo sfruttamento della condensazione per un lungo periodo della stagione invernale in molte provincie di Italia.
Non ultimo va evidenziato che i radiatori devono essere dimensionati per poter garantire una potenza complessiva calcolata alle condizioni esterne di minima temperatura, ma normalmente, per la maggior parte della stagione invernale, risultano essere “sovradimensionati”, o meglio, la loro maggiore dimensione affiancata alla minore richiesta di potenza dall’ambiente, permette di utilizzare acqua a temperatura di mandata e ritorno più bassa, garantendo la possibilità di recuperare energia utile dalla condensazione. Non ultimo non va dimenticato che una temperatura media del radiatore più bassa evita l’effetto con il quale si formano gli antiestetici “baffi” a causa del pulviscolo presente nell’aria che viene bruciato in presenza di temperature elevate del terminale.
Ventilconvettori
Nella ristrutturazione di attività commerciali, attività alberghiere, terziario ma molto spesso anche in ambito residenziale, vengono utilizzati i ventilconvettori. Anche per i ventilconvettori esistono sul mercato varie tipologie che ne permettono la massima integrazione. Peculiarità fondamentale che caratterizza questo tipo di soluzione è il ridotto tempo di messa a regime impiantistico.
Esistono infatti in commercio diverse soluzioni di unità, dai classici ventilconvettori a parete, ventilconvettori da incasso e canalizzabili fino ad arrivare ai ventilconvettori a pavimento. I più evoluti ventilconvettori sono equipaggiati con ventilatori con motore brushless dotati di inverter, con il quale è possibile modulare la portata dell'aria e di conseguenza anche la potenza termica e frigorifera resa, in modo continuo 0% - 100%. Questa soluzione garantisce l’adeguamento della potenza erogata alla richiesta da parte dell'ambiente da climatizzare con conseguente risultato elettrico rispetto ai sistemi tradizionali con regolazione di tipo On-Off. La modulazione continua sulla velocità del ventilatore, garantisce inoltre notevoli riduzioni della potenza sonora prodotta, soprattutto per il fatto che le unità di climatizzazione lavoreranno in parzializzazione per la maggior parte dell’anno.
Impianti radianti
Tra le soluzioni maggiormente apprezzate nella ristrutturazione edilizia per il risparmio energetico si trovano gli impianti radianti, soprattutto considerando che l’attuale normativa nazionale prevede, in molti casi, l’obbligo di riqualificare i componenti dell’involucro edilizio rispettando limiti di trasmittanza sempre più restringenti. A tal proposito, le potenze unitarie dei singoli locali risultano essere particolarmente basse, rendendo possibile l’uso dei sistemi radianti, che nel panorama del comfort termico, continuano a farla da padrone.
E’ però fondamentale non dimenticare che la temperatura superficiale della struttura non deve superare specifici limiti al fine di non creare disagi agli occupanti. Anche nel caso degli impianti radianti, molto spesso, si limita il campo visivo ai sistemi a pavimento, quando nella realtà sarebbe necessario svincolarsi dalla volontà o dalla semplice convinzione che una tipologia di impianto possa o debba essere necessariamente utilizzato per la realizzazione dell’intero edificio.
Prendiamo per esempio il caso di un fabbricato monofamiliare degli anni 60/70. I fabbricati in quel periodo venivano realizzati con un piano terra di altezza ridotta (Circa 2,20 m), dove trovavano collocazione i locali più poveri, quali ricoveri attrezzi, garage, cantine o scantinati, mentre al primo piano l’altezza dei locali era abbondantemente superiore ai due metri e ottanta, proprio perché trovavano collocazione i locali abitativi tra cui cucina, soggiorno, camere. In contesti simili, è vantaggioso ipotizzare di adottare soluzione impiantistiche differenti tra i due piani, optando per esempio per un impianto radiante a pavimento per il piano terra e un impianto radiante a soffitto al piano primo. Ovviamente tale soluzione parte dal presupposto che l’intervento di ristrutturazione preveda un profondo intervento di coibentazione delle strutture edilizie.
Al piano terra è prevedibile che il pavimento debba essere rifatto, già solo per permettere di realizzare le nuove linee distributive per gli impianti termici e per gli impianti elettrici, sempre che non sia addirittura necessario effettuare interventi più radicali di adeguamento strutturale, che richiedano il completo rifacimento dei pavimenti. In questo caso si viene a creare una condizione favorevole alla realizzazione di un impianto radiante a pavimento che porta ai seguenti vantaggi:
-
Coibentazione del pavimento;
-
Riduzione della possibilità di condensa superficiale grazie ad una temperatura superficiale maggiore della struttura;
-
Aumento del comfort;
-
Massima libertà dello spazio negli ambienti interni.
Al piano primo, dove appunto la maggiore altezza del piano rispetto ai 2,70 m richiesti per la maggior parte dei locali, potrebbe essere opportuna, invece, la realizzazione di un impianto radiante a soffitto con i conseguenti vantaggi:
-
Coibentazione del solaio che solitamente dà verso un sottotetto freddo;
- Aumento della temperatura superficiale della struttura con conseguente annullamento della possibilità di formazione di condensa superficiale...