Speciale 70
I nuovi terminali per la distribuzione del caldo/freddo
Alcuni contenuti di questo speciale:
Articolo
di Cudicio Maurizio – Libero Professionista www.proenco.it
Sistemi e tecnologie per la climatizzazione estiva ed invernale: i terminali di erogazione
Il mercato impiantistico propone numerose soluzioni per quanto riguarda la tipologia dei terminali per la climatizzazione estiva ed invernale.
Naturalmente la scelta richiede una certa esperienza e un’attenta analisi da parte del progettista proprio per garantire la massima adattabilità dell’elemento all’interno dell’ambiente che lo deve ospitare, coadiuvando comfort termico e acustico, nel totale rispetto del contesto architettonico.
La scelta ovviamente è una fase critica ed estremamente importante soprattutto per il fatto che non esiste un’unica soluzione, o meglio, non è sempre vero che un impianto o un terminale possono trovare collocazione in qualsiasi struttura. Continuano infatti a sussistere preconcetti sbagliati su alcune soluzioni che in realtà, con un’attenta e critica analisi, possono rivelarsi soluzioni che meglio si addicono a rispondere a tutti i requisiti descritti in precedenza.
Queste considerazioni prendono maggiore rilievo soprattutto quando si opera in ambito di recupero del parco immobiliare esistente, dove si interviene su strutture che richiedono attenzione e rispetto, siano esse semplici costruzioni sulle quali vengono effettuati interventi di ristrutturazione per ammodernarle e renderle energeticamente più efficienti, ma soprattutto su edifici storici nei quali il must riguarda il rispetto per la storia in esso contenuta.
L’obiettivo di questo Speciale è quello di analizzare e dare un supporto nella scelta dei terminali impiantistici, soprattutto nell’ambito delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni energetiche, dimostrando che alcune tecnologie per le quali esiste ancora la credenza che male si integrino all’interno di un certo contesto edilizio, in realtà possano essere delle valide soluzioni, grazie all’evoluzione tecnologica degli ultimi anni.
Gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica, richiedono indubbi sforzi a livello progettuale, al fine di determinare le soluzioni che meglio si integrano a livello architettonico soprattutto nell’ottica del rispetto della struttura su cui si interviene.
E’ possibile innanzitutto individuare due macro categorie di interventi:
• interventi di riqualificazione su edifici di pregio storico;
• interventi di riqualificazione su edifici esistenti non soggetti a vincoli particolari.
I parametri principali che devono essere analizzati e rispettati da progettisti ed installatori sono numerosi e riguardano:
• Disponibilità di spazio per disporre i terminali di erogazione;
• Temperatura del fluido termovettore;
• Livello di precisione nel mantenimento delle condizioni di temperatura ed umidità relativa interna ai locali;
• Destinazione d’uso dei locali e livelli di variazione dei carichi endogeni;
• Riduzione del gradiente termico all’interno del locale, ossia la variazione di temperatura per unità di altezza. Per ambienti fino a tre metri di altezza è convenzione diffusa pensare che la variazione di temperatura tra pavimento e soffitto non sia rilevante, anche se in un ottica di efficienza energetica, tale parametro andrebbe comunque considerato. E’ possibile calcolare il gradiente termico come differenza tra la temperatura interna ed esterna per un fattore centesimale.
Negli interventi di riqualificazione di edifici di pregio storico, la scelta del tipo di terminale è estremamente delicata, soprattutto per il fatto che qualsiasi intervento impiantistico si identifica già di per se come una intrusione e pertanto vanno ponderate bene le soluzioni che si intendono adottare.
In linea generale una delle soluzioni maggiormente apprezzate, prevede l’adozione di un sistema radiante a pavimento, che permette di preservare gli eventuali dipinti, affreschi, strutture lignee e stucchi decorativi in gesso, soprattutto perché sono impianti a bassa temperatura.
Questa soluzione garantisce una notevole riduzione dei moti convettivi dell’aria, e permette di abbassare il gradiente termico sulla parte alta dei locali. La norma UNI EN 1264 prescrive infatti che la temperatura massima superficiale di un impianto radiante a pavimento in regime di riscaldamento, sia pari a 29°C nelle zone occupate in modo continuativo dalle persone, e permette di raggiungere una temperatura superficiale pari a 35°C nelle aree perimetrali delle stanze.
Come si può osservare, in entrambi i casi, la temperatura è particolarmente bassa. Per ovvi motivi molto spesso pareti e soffitti non possono essere utilizzati e gli unici elementi edilizi utilizzabili ai fini impiantistici sono i pavimenti.
Va però evidenziato che tale sistema ha una serie di limiti durante il funzionamento in regime di climatizzazione estiva perché la temperatura superficiale del pavimento non può in alcun caso scendere sotto la temperatura di rugiada, proprio per evitare formazione di condensa.
Per ovviare pertanto a questo problema, è necessario adottare ed integrare l’impianto con sistemi in grado di regolare l’umidità relativa interna negli ambienti, addotando sistemi di deumidificazione ingombranti o impianti di ventilazione meccanica controllata. Vale infine la pena evidenziare che, i sistemi radianti a pavimento, sono sistemi ad elevata inerzia termica e pertanto non sempre sono la migliore soluzione, soprattutto se l’edificio è utilizzato come museo o come ambiente espositivo, dove i carici endogeni possono subire grandi variazioni durante l’arco della giornata a causa dell’illuminazione interna e del variare dell’affollamento di persone.
In casi simili pertanto è consigliabile valutare la possibilità di adottare delle speciali unità di climatizzazione progettate e costruite ad hoc per ambienti museali. Questi terminali sono una evoluzione dei normali ventilconvettori, e pertanto richiedono un attento studio di integrazione architettonica raggiungibile solo con una perfetta collaborazione tra i progettisti, grazie alla quale sarà possibile realizzare il migliore sistema di mascheramento delle unità.
Questi terminali sono caratterizzati da due batterie alimentate contemporaneamente e costantemente da fluido caldo e refrigerato e permettono un controllo puntuale delle temperatura interna del locale, garantendo la massima flessibilità ed un controllo individuale anche su stanze con diverse esposizioni. Le unità di climatizzazione sono dotate di tre stadi di filtrazione dell’aria.
Il primo livello è costituito da un filtro pieghettato a media efficienza che ha il compito di trattenere le particelle più grossolane, il secondo livello prevede l’adozione di un filtro pieghettato usa e getta caricato elettrostaticamente in grado di trattenere la particelle più fine e l’ultimo livello prevede l’adozione di un filtro a carboni attivi impregnati che ha il compito di trattenere tutti gli odori.
Questo garantisce che l’aria movimentata sia perfettamente filtrata. Completano l’unità un umidificatore ad ultrasuoni, per il controllo preciso dell’umidità relativa ambiente. Questo sistema permette un controllo preciso e puntuale di temperatura ed umidità relativa interna, soprattutto in quei contesti dove la struttura architettonica originaria non possa subire variazioni e vengano mantenuti gli elementi finestrati originali dell’epoca.
In questi casi i trafilamenti di aria attraverso il componente finestrato risultano essere rilevanti causando grandi variazioni delle condizioni termo-igrometriche interne dei locali. Anche in questo caso è consigliabile dimensionare le unità con una temperatura di mandata bassa, al fine di ridurre stratificazioni di aria ed evitare che le pareti o gli elementi architettonici vicini all’unità possano sporcarsi durante il funzionamento invernale.
Naturalmente la scelta richiede una certa esperienza e un’attenta analisi da parte del progettista proprio per garantire la massima adattabilità dell’elemento all’interno dell’ambiente che lo deve ospitare, coadiuvando comfort termico e acustico, nel totale rispetto del contesto architettonico.
La scelta ovviamente è una fase critica ed estremamente importante soprattutto per il fatto che non esiste un’unica soluzione, o meglio, non è sempre vero che un impianto o un terminale possono trovare collocazione in qualsiasi struttura. Continuano infatti a sussistere preconcetti sbagliati su alcune soluzioni che in realtà, con un’attenta e critica analisi, possono rivelarsi soluzioni che meglio si addicono a rispondere a tutti i requisiti descritti in precedenza.
Queste considerazioni prendono maggiore rilievo soprattutto quando si opera in ambito di recupero del parco immobiliare esistente, dove si interviene su strutture che richiedono attenzione e rispetto, siano esse semplici costruzioni sulle quali vengono effettuati interventi di ristrutturazione per ammodernarle e renderle energeticamente più efficienti, ma soprattutto su edifici storici nei quali il must riguarda il rispetto per la storia in esso contenuta.
L’obiettivo di questo Speciale è quello di analizzare e dare un supporto nella scelta dei terminali impiantistici, soprattutto nell’ambito delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni energetiche, dimostrando che alcune tecnologie per le quali esiste ancora la credenza che male si integrino all’interno di un certo contesto edilizio, in realtà possano essere delle valide soluzioni, grazie all’evoluzione tecnologica degli ultimi anni.
La scelta del terminale di erogazione nelle ristrutturazioni
Gli interventi di ristrutturazione e di riqualificazione energetica, richiedono indubbi sforzi a livello progettuale, al fine di determinare le soluzioni che meglio si integrano a livello architettonico soprattutto nell’ottica del rispetto della struttura su cui si interviene.
E’ possibile innanzitutto individuare due macro categorie di interventi:
• interventi di riqualificazione su edifici di pregio storico;
• interventi di riqualificazione su edifici esistenti non soggetti a vincoli particolari.
I parametri principali che devono essere analizzati e rispettati da progettisti ed installatori sono numerosi e riguardano:
• Disponibilità di spazio per disporre i terminali di erogazione;
• Temperatura del fluido termovettore;
• Livello di precisione nel mantenimento delle condizioni di temperatura ed umidità relativa interna ai locali;
• Destinazione d’uso dei locali e livelli di variazione dei carichi endogeni;
• Riduzione del gradiente termico all’interno del locale, ossia la variazione di temperatura per unità di altezza. Per ambienti fino a tre metri di altezza è convenzione diffusa pensare che la variazione di temperatura tra pavimento e soffitto non sia rilevante, anche se in un ottica di efficienza energetica, tale parametro andrebbe comunque considerato. E’ possibile calcolare il gradiente termico come differenza tra la temperatura interna ed esterna per un fattore centesimale.
Altezza locale
m
|
Gradiente termico
°C/m
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Da 3,00 fino a 4,00 m
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0,060 (Ti – Te)
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Oltre 4,00 fino a 6,00 m
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0,050 (Ti – Te)
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Oltre 6,00 fino a 9,00 m
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0,040 (Ti – Te)
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Oltre 9,00 fino a 13,00 m
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0,030 (Ti – Te)
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Oltre 13,00 fino a 18,00 m
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0,020 (Ti – Te)
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Oltre 18,00 fino a 25,00 m
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0,010 (Ti – Te)
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Oltre 25,00 fino a 38,00 m
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0,005 (Ti – Te)
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Ti = temperatura interna del locale
Te = temperatura esterna di progetto.
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Riqualificazione di edifici storici
Negli interventi di riqualificazione di edifici di pregio storico, la scelta del tipo di terminale è estremamente delicata, soprattutto per il fatto che qualsiasi intervento impiantistico si identifica già di per se come una intrusione e pertanto vanno ponderate bene le soluzioni che si intendono adottare.
In linea generale una delle soluzioni maggiormente apprezzate, prevede l’adozione di un sistema radiante a pavimento, che permette di preservare gli eventuali dipinti, affreschi, strutture lignee e stucchi decorativi in gesso, soprattutto perché sono impianti a bassa temperatura.
Questa soluzione garantisce una notevole riduzione dei moti convettivi dell’aria, e permette di abbassare il gradiente termico sulla parte alta dei locali. La norma UNI EN 1264 prescrive infatti che la temperatura massima superficiale di un impianto radiante a pavimento in regime di riscaldamento, sia pari a 29°C nelle zone occupate in modo continuativo dalle persone, e permette di raggiungere una temperatura superficiale pari a 35°C nelle aree perimetrali delle stanze.
Come si può osservare, in entrambi i casi, la temperatura è particolarmente bassa. Per ovvi motivi molto spesso pareti e soffitti non possono essere utilizzati e gli unici elementi edilizi utilizzabili ai fini impiantistici sono i pavimenti.
Va però evidenziato che tale sistema ha una serie di limiti durante il funzionamento in regime di climatizzazione estiva perché la temperatura superficiale del pavimento non può in alcun caso scendere sotto la temperatura di rugiada, proprio per evitare formazione di condensa.
Per ovviare pertanto a questo problema, è necessario adottare ed integrare l’impianto con sistemi in grado di regolare l’umidità relativa interna negli ambienti, addotando sistemi di deumidificazione ingombranti o impianti di ventilazione meccanica controllata. Vale infine la pena evidenziare che, i sistemi radianti a pavimento, sono sistemi ad elevata inerzia termica e pertanto non sempre sono la migliore soluzione, soprattutto se l’edificio è utilizzato come museo o come ambiente espositivo, dove i carici endogeni possono subire grandi variazioni durante l’arco della giornata a causa dell’illuminazione interna e del variare dell’affollamento di persone.
In casi simili pertanto è consigliabile valutare la possibilità di adottare delle speciali unità di climatizzazione progettate e costruite ad hoc per ambienti museali. Questi terminali sono una evoluzione dei normali ventilconvettori, e pertanto richiedono un attento studio di integrazione architettonica raggiungibile solo con una perfetta collaborazione tra i progettisti, grazie alla quale sarà possibile realizzare il migliore sistema di mascheramento delle unità.
Questi terminali sono caratterizzati da due batterie alimentate contemporaneamente e costantemente da fluido caldo e refrigerato e permettono un controllo puntuale delle temperatura interna del locale, garantendo la massima flessibilità ed un controllo individuale anche su stanze con diverse esposizioni. Le unità di climatizzazione sono dotate di tre stadi di filtrazione dell’aria.
Il primo livello è costituito da un filtro pieghettato a media efficienza che ha il compito di trattenere le particelle più grossolane, il secondo livello prevede l’adozione di un filtro pieghettato usa e getta caricato elettrostaticamente in grado di trattenere la particelle più fine e l’ultimo livello prevede l’adozione di un filtro a carboni attivi impregnati che ha il compito di trattenere tutti gli odori.
Questo garantisce che l’aria movimentata sia perfettamente filtrata. Completano l’unità un umidificatore ad ultrasuoni, per il controllo preciso dell’umidità relativa ambiente. Questo sistema permette un controllo preciso e puntuale di temperatura ed umidità relativa interna, soprattutto in quei contesti dove la struttura architettonica originaria non possa subire variazioni e vengano mantenuti gli elementi finestrati originali dell’epoca.
In questi casi i trafilamenti di aria attraverso il componente finestrato risultano essere rilevanti causando grandi variazioni delle condizioni termo-igrometriche interne dei locali. Anche in questo caso è consigliabile dimensionare le unità con una temperatura di mandata bassa, al fine di ridurre stratificazioni di aria ed evitare che le pareti o gli elementi architettonici vicini all’unità possano sporcarsi durante il funzionamento invernale.