Il trattamento dell'acqua nelle strategie di sviluppo sostenibile
L’attenzione agli aspetti connessi alla gestione della risorsa idrica è diventato uno dei temi portanti delle strategie di sviluppo sostenibile del territorio e dei contesti urbani. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, sottoscritta nel 25/09/2015 da 193 Paesi (tra cui l’Italia) è strutturata in 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs), tra i quali al n°6 è trattato il tema dell’acqua (figura 1): “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”. L’obiettivo si articola in otto traguardi che abbracciano diversi aspetti correlati alla corretta gestione della risorsa: dal diritto di accesso all’acqua in chiave di sicurezza sanitaria, al miglioramento dell’efficienza nella gestione e nella tutela d elle acque (tabella 1). La tematica, rientra indirettamente anche in altri obiettivi dell’agenda come SDG 9 “Industria, innovazione e infrastrutture” e SDG12 “Consumo e produzione responsabili”; inoltre lo sviluppo di azioni che sfruttino il nesso tra
il consumo dell’Acqua Energia, Cibo e conservazione degli ecosistemi (WEFE Nexus) è considerato una delle strategie portanti per la transizione verso la circolarità dell’ambiente urbano.
Figura 1 - Sustainable Development Goals - SDGs
In un’ottica olistica di valutazione del ciclo di vita (Life Cicle Assesment), si sta diffondendo l’utilizzo dell’indice della “impronta idrica” (Water Footprint) basato sulla ISO 14046, finalizzato a misurare come un consumatore, in quanto fruitore o produttore di beni e servizi, incida sulla risorsa.
L’impronta idrica è definita come il volume totale di acqua utilizzata, nella unità di tempo, nell’ambito della produzione e fruizione di un dato servizio o bene. La valutazione non comprende solo l’acqua contenuta fisicamente nel prodotto, ma una quantità virtuale che prende in considerazione la risorsa consumata, evaporata ed incorporata compresi i volumi d’acqua inquinati. L’indice, inoltre, tiene conto della localizzazione geografica della captazione e del consumo e valuta in maniera differente le fonti della risorsa secondo il seguente schema:
- Acqua blu: si tratta della frazione più pregiata e si riferisce al prelievo di acqua dolce (superficiale e/o sotterranea) sottratta ad un bacino idrografico che non viene reintegrata nello stesso luogo o vi ritorna con tempistiche differenti;
- Acqua verde: è il volume di acqua piovana (meno pregiata) che non contribuisce al ruscellamento superficiale e si riferisce principalmente all'acqua evapo-traspirata che assume una grande rilevanza per i prodotti agricoli;
- Acqua grigia: è un concetto innovativo per esprimere la contaminazione dei corpi idrici in termini di volume, (per poterlo sommare ai due precedenti) ed esprimere il volume "immaginario" di acqua necessario per diluire la contaminazione eventualmente prodotta al di sotto di determinate soglie legali, o di tossicità per gli ecosistemi.
Oltre al valore assoluto del volume della risorsa consumata, assumono significato anche il rapporto acqua verde/blu che rappresenta il grado di utilizzo dell’acqua piovana in luogo dell’acqua degli acquiferi, e l’incidenza dell’acqua grigia che è una misura dell’inquinamento prodotto. In ambito agricolo, per esempio, il primo indice è un valore che rappresenta quanto una coltura sia adatta al clima in cui è coltivata ed il secondo il grado di utilizzo di sostanze chimiche per la produzione. La water footprint assesment offre una prospettiva su come il consumatore o il produttore possano influire sull’utilizzo della risorsa idrica, in più l’analisi del processo produttivo necessario alla stima dei volumi può contribuire ad individuare le strategie per mitigare l’impatto in termini di quantità e di qualità delle acque.
Il settore civile, dopo quello agricolo, presenta un’elevata domanda di risorsa idrica caratterizzata da una crescita costante legata all’ormai irreversibile processo di accentramento della popolazione nei centri urbani ed alla crescita del fabbisogno pro capite. A livello mondiale, permangono forti disparità sull’accesso e l’utilizzo della risorsa: le stime medie indicano un consumo di 350 litri d’acqua al giorno per una famiglia canadese, di 165 per una europea e di 20 litri per una famiglia africana (Rapporto Unicef-OMS 2019). In Italia (Le Statistiche dell’IstaT sull’Acqua - Anni 2020.2022; Marzo 2023) si consumano in media 245 litri di acqua per abitante al giorno con una forbice abbastanza elevata tra nord e sud (ma non solo): si va dai valori minimi di Umbria (166) e Puglia (155) ai massimi di Piemonte e Val d’Aosta (438 litri). Il consumo complessivo di acqua prelevata del settore agricolo è di circa 17 miliardi di mc a fronte di un uso effettivo di 14,5 miliardi, con una perdita di circa il 15%. Il settore civile preleva circa 9 miliardi di mc per un utilizzo effettivo di appena 4,9 miliardi, con una perdita nelle reti di oltre il 40%: risanare le reti, in particolare quelle delle città, è un tema centrale per il sistema idrico nazionale, e deve essere affrontato maniera sinergica con il ripensamento del modello di sviluppo urbano.
Le aree urbane, infatti, non sono solo consumatori della risorsa in termini di acqua potabile ma, attraverso le loro reti di drenaggio ed i sistemi fognari, impattano sulla qualità dei corpi idrici naturali e svolgono un ruolo centrale nella difesa dagli eventi metereologici estremi, che ormai sono sempre più frequenti in questo scenario di cambiamento climatico.
L’associazione Water Europe, fondata nel 2004 come piattaforma tecnologica della Unione europea (European Technology Platform -ETP), individua cinque assi principali di innovazione per raggiungere il traguardo di una gestione intelligente e sostenibile della risorsa (European Water-Smart Society).
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